Un amore complicato - Paolo D'Arcangelo - E-Book

Un amore complicato E-Book

Paolo D'Arcangelo

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Beschreibung

Gianluca e Jaqueline sono due anime in cerca di significato. Lui trentacinquenne milanese insoddisfatto della sua vita frivola, lei giovane madre parigina, combattiva e dedita al lavoro. Incontratisi per caso durante una convention vengono catturati da una inaspettata attrazione reciproca. Un amore complicato è una storia d'amore itinerante, intensa e struggente, che catturerà il cuore del lettore fino all'ultima pagina, portandolo a riflettere sull'importanza delle scelte, sulla crescita personale e sulla forza dell'amore nel superare le sfide che la vita ci pone davanti.

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Indice

 

Parte prima – 2001

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Parte seconda – 2022

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Ringraziamenti

Paolo D’Arcangelo

Titolo | Un amore complicato

Autore | Paolo D’Arcangelo

In copertina: Marc Chagall ‘Coppia di innamorati sui tetti di Parigi’

ISBN | 9791221470642

© 2023 - Tutti i diritti riservati all’Autore

Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.

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Via Marco Biagi 6 - 73100 Lecce

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[email protected]

Made by human

Parte prima – 2001

1.

Sono appena entrato in ufficio e già squilla il telefono. Il venerdì è una giornata in cui mi sento più predisposto ad accettare le cose che normalmente mi indispongono; in genere ho bisogno di ambientarmi in modo graduale per non partire già in salita di prima mattina. Lo squillo di questa chiamata comunque mi incuriosisce. Non faccio in tempo ad alzare la cornetta che vengo raggiunto dalla voce squillante del mio capo, uno che sembra che ogni mattina vinca al superenalotto per quanto trasuda entusiasmo e allegria.

«Gianluca, per cortesia, appena puoi vieni nel mio ufficio che ti devo parlare.»

Sono sorpreso. Mai Daniele mi ha chiamato così di prima mattina, ma mi impegno e, seppur non ancora completamente dentro alla situazione, riesco a fornire una risposta cortese e rassicurante.

«Certo Dani, dammi cinque minuti, do un’occhiata al planning di questa mattina e arrivo.»

«Buongiorno, eccomi qua, dimmi tutto» esordisco una decina di minuti dopo entrando nel suo ufficio.

«Buongiorno a te Gianluca, ti ho chiamato così presto perché ti devo chiedere un favore per la prossima settimana. Come sai da lunedì a mercoledì prossimo abbiamo a Strasburgo la convention del gruppo, dove verranno resi pubblici i dati più rilevanti di tutte le sedi europee. Come Responsabile dell’ufficio Commerciale e Marketing Italia, generalmente sono io che rappresento la nostra sede, ma giusto ieri sera sono stato avvisato di una imprevista visita della nuova società di revisione dei conti alla quale si è affidata la nostra casa madre di Baltimora, e ho pensato che sia meglio io rimanga qui a riceverli e a seguirli, almeno la prima volta che ci visitano. Pertanto ho pensato che tu potresti sostituirmi alla convention.»

«Caspita,» riesco per un attimo ad intervenire «mi cogli alla sprovvista, ma certamente la cosa mi fa piacere.»

«In fin dei conti» procede risoluto Dani, senza apparentemente dare valore alla mia breve interruzione «mi hai preparato tu tutti i dati, quindi l’argomento lo conosci e poi sono orgoglioso di comunicarti, in maniera strettamente confidenziale, che nell’ultima riunione del Comitato Direttivo è stato deciso che dall’inizio dell’anno prossimo tu prenderai il mio posto di Responsabile, mentre per me inizierà una carriera all’interno delle stanze dei bottoni e mi aspetta quindi il trasferimento o a Parigi, se non addirittura a Baltimora.»

Messe mentalmente a fuoco le parole di Daniele, mi sento come se avessi mandato giù due gin tonic di mattina presto. Lo stomaco mi si contorce dall’emozione, dalla gioia e dall’ansia che ne deriva.

«Se volevi farmi iniziare la mattinata in maniera pirotecnica, devo dire che ci sei riuscito benissimo! Ero già felice e soddisfatto quando hai detto che avrei dovuto sostituirti a Strasburgo, poi questa storia della promozione sinceramente non pensavo avvenisse così presto. Una cosa è credere che qualcosa possa accadere, un’altra è quando ti dicono che è successa! Non posso che ringraziarti, anche perché immagino tu abbia avuto una parte importante in questa decisione, e dirti che mi impegnerò ancora di più per dimostrarvi di essere all’altezza dell’incarico che mi avete assegnato.»

«Perfetto, non sprechiamo tempo in smancerie. Lasciami dire che a trentacinque anni ti meriti questa promozione e che non ho dubbi che ne sarai all’altezza. Ora contatta subito l’ufficio viaggi e fai cambiare le prenotazioni per Strasburgo a tuo nome. Portati a casa il dossier della presentazione che abbiamo preparato e rileggilo bene. Sai quanto ci tengo a fare bella figura!»

Uno stile efficace, asciutto ma educato, doti che ho sempre apprezzato in Daniele, e che ho cercato anche di fare mie, spesso non riuscendovi, in quanto alle volte sono un po’ troppo lezioso nell’approccio e non sempre riesco a trovare le parole giuste per spiegare un concetto usando il minor numero di vocaboli possibile, mantenendo, come fa lui, ben chiaro il messaggio che voglio che passi.

Il ritorno verso il mio ufficio mi sembra che avvenga con il vento alle spalle. Ho l’impressione di arrivarci quasi senza appoggiare i piedi per terra. La felicità è davvero molta, e anche la soddisfazione. Tra l’altro, ovviamente a lui non potevo dirlo in faccia, lo stipendio lieviterà di parecchio e questo non è un aspetto secondario. Forse sarà la volta buona che mi deciderò a uscire di casa, anche se sicuramente dovrò combattere con i miei, che oramai si sono abituati alla mia presenza o meglio non presenza, visto quanto la frequento.

Non posso comunicare a nessuno la notizia che per me è così esaltante, e quindi devo contenere silenziosamente la mia immensa gioia, ma non aspetto altro che arrivi sera, così da uscire dall’ufficio e condividere questa cosa con i miei amici, in particolare con Tommaso, la persona a cui mi sento più legato, nonché mio storico compagno di doppio a tennis, con il quale ho condiviso gli anni d’università e i sogni per il nostro inserimento nel mondo lavorativo.

Abbiamo scelto due carriere diverse e lui si è affermato molto rapidamente nel mondo bancario. È capitato in un momento di rinnovamento e fusione di molti istituti di credito e grazie agli incentivi per facilitare il pensionamento del vecchio personale, è risultato necessario un ricambio generazionale. La sua faccia tosta e la sua grande preparazione hanno fatto il resto e in pochi anni si è trovato catapultato come funzionario, nella direzione generale di una delle banche più importanti in Italia.

Il mio approccio con il mondo lavorativo è stato più lento e graduale, ma la giornata di oggi mi dimostra che anche io sono riuscito a ritagliarmi uno spazio.

Questo, oltre che inorgoglirmi, mi mette nella condizione di approcciare in maniera più propositiva il mio futuro, atteggiamento che fino a ora è stato sempre condizionato dal fatto che non ero troppo soddisfatto dal mio ruolo lavorativo, e che il trattamento economico riservatomi non è stato all’altezza delle mie aspettative. Ho sofferto il confronto con altri amici che ricoprono incarichi più importanti. Fino a oggi sono stato sempre molto concentrato su quanto stavo facendo. Prima l’università, poi la ricerca del lavoro, infine impegnarmi nella mia attività lavorativa, sperando che questo mi ripagasse in futuro.

Nel frattempo, forse a causa di questa mia lettura, ho lasciato perdere tante cose. Certo, non è che trascorra una vita triste e monotona, in quanto spesso il tempo libero lo trascorro in compagnia e divertendomi, ma quello che mi è sempre mancato è avere un orizzonte temporale lungo sulle cose. Non ho quindi mai cercato di instaurare un rapporto sentimentale che potesse essere di lunga durata, così come non ho mai affrontato l’idea di comprare una casa e di lasciare l’appartamento dei miei. Da un lato so che posso sembrare inconcludente, nel senso che conduco una vita piacevole e, lavoro a parte, me la godo tutta. Non mi faccio mancare nulla, le mie avventure sentimentali mi soddisfano, ma fin dall’inizio faccio presente che non posso e non voglio garantire continuità alle relazioni e devo dire che, inaspettatamente, dall’altra parte questo concetto viene spesso condiviso, per cui mi sento alleggerito psicologicamente. Tutta questa attesa, questo rimandare il fatto di diventare grande, è probabilmente figlio della mia voglia interiore di propormi nel momento in cui abbia realmente qualche cosa in mano.

Pertanto le mie priorità, per le quali comunque non forzo i tempi, sono quelle di trovare la donna della vita e raggiungere una posizione che mi consenta di mantenere degnamente l’eventuale famiglia e di acquistare una casa che risponda ad alcuni dei miei criteri: non grandissima, ma carina, non centralissima, ma in una zona particolare, cosa che a Milano non è semplice se non hai un conto in banca veramente importante.

Insomma questa promozione mi avrebbe di fatto sbloccato psicologicamente. Ora però dovevo comunque focalizzarmi sull’impegno lavorativo della prossima settimana. E’ vero che conosco bene i dati che andrò a presentare, ma è anche vero che per la prima volta avrei rappresentato la nostra sede, che raramente mi sono trovato a parlare davanti a persone che non fossero colleghi di Milano, per di più in inglese e soprattutto, che sarebbero state presenti alla convention anche alcune figure provenienti dalla sede centrale di Baltimora, che sicuramente si sarebbero concentrate su di me per capire se la scelta di affidarmi la responsabilità dell’ufficio italiano si sarebbe dimostrata vincente.

In realtà non è che il convegno vedesse la partecipazione di tantissime persone. Ci sarebbero stati una decina di colleghi, in rappresentanza dei vari uffici europei della Reynolds Enterprise, nonché un chairman dalla sede di Parigi che oltre a gestire l’incontro, avrebbe presentato la situazione attuale del mercato mondiale del settore e tre o quattro persone della casa madre, che avrebbero anche approfittato dell’occasione per trasmettere le indicazioni di marketing per i mesi a venire nel campo chimico e farmaceutico, settore nel quale la multinazionale opera.

Ce la posso, anzi, ce la devo fare!

 

2.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Jeanne, è tardi, dai la buona notte alla nonna e poi corri a letto, che domani devi andare a scuola.»

Per fortuna in mezzo alla mia vita incasinata, c’è questa bambina di nove anni, totalmente ubbidiente e matura per la sua età. In pochi istanti ha seguito la mia raccomandazione ed eccola ad augurarmi la buona notte.

«Salut maman, fai buon viaggio. Io farò compagnia alla nonna e ti aspetto mercoledì sera.»

«Ciao mia bella bimba, inutile ti dica di fare la brava, perché già lo sei. Cerca solo di non farti viziare troppo dalla nonna a tavola!»

Insieme con Jeanne anche mia mamma, stanca in quanto appena arrivata da Parigi, ne ha approfittato per andare a letto presto, lasciandomi così tranquilla per preparare la valigia per questi tre giorni a Strasburgo. Domattina ho prenotato il taxi per le 6.20 in modo da prendere il primo treno e arrivare a destinazione per pranzo. Il meeting della Reynolds inizia alle 14.00, così ho avuto la possibilità di godermi la domenica pomeriggio in compagnia di Jeanne. È un meeting di routine, interessante ma che in passato non mi ha mai lasciato qualcosa di importante. Ho già partecipato altre volte a questa convention intergroup quando dipendevo da Parigi e questa è la prima volta in cui presento i dati della sede di Bruxelles, che sono così buoni da rendermi assolutamente tranquilla.

La mia è sempre stata una vita di corsa, segnata da una leggerezza commessa a vent’anni, che ha indirizzato tutto il mio percorso successivo e anche il mio approccio alla vita stessa. Era il periodo universitario, gli anni che stavo vivendo a Parigi nel migliore dei modi. In famiglia stavo bene e avevo un rapporto splendido con mio padre, un italiano della provincia di Roma, trasferitosi da giovane a Parigi per vivere con mia madre, incontrata durante una vacanza nel sud Italia. Una bellissima donna, ma particolare, scostante e spesso nevrotica, senza dubbio di grande charme. Con lui avevo creato un rapporto speciale e mi piaceva quando mi insegnava l’italiano e adoravo tutti i suoi parenti quando si andava in Italia per qualche ricorrenza. Sempre affettuosissimi, ci accoglievano in maniera splendida e ci preparavano da mangiare cose spettacolari, con certi gusti nostrani e pungenti che a Parigi era difficile trovare. Insomma, tutto diverso rispetto all’ambiente algido della famiglia della mamma.

L’università mi piaceva e mi sembrava di aver scelto la facoltà giusta, per di più mi ero ritrovata in un corso con ragazzi simpatici, con alcuni dei quali era nata una bella amicizia, che coltivavamo anche fuori dalle aule universitarie.

Avevo voglia di divertirmi, di non pormi barriere. Anche la vita sentimentale mi rispecchiava in pieno ed essendo piacevole e abbastanza socievole, attiravo i miei compagni di corso e non solo.

Mi ero legata nelle ultime settimane a Lucas, un ragazzo svedese di due anni più vecchio di me, che era a Parigi per l’Erasmus. Rappresentava l’archetipo della bellezza nordica e mi aveva affascinato non solo per i suoi occhi azzurri, ma anche per quel modo di fare rude, ma allo stesso tempo dolce e a volte impacciato con cui si proponeva. Passavamo tanto tempo insieme, in facoltà e anche fuori e fu dopo una festa durante un week-end che, complice un po' d'alcol e qualche canna, ho perso non solo le inibizioni, ma anche il controllo di me stessa e dopo poche settimane mi sono ritrovata incinta.

All’inizio è stato un vero e proprio dramma. Lucas era rimasto sconvolto da quanto stava succedendo e mio padre dimostrò subito di non perdonarmi la leggerezza con la quale mi ero comportata. Mancava poco per compiere ventuno anni, è vero, ma “ero abbastanza grande per capire tante cose e per attribuire alle stesse la corretta importanza, sempre, in ogni momento e circostanza” continuava a ripetermi, e aveva assolutamente ragione.

Con il passare delle settimane la situazione si fece più chiara: io avevo deciso di proseguire la gravidanza a ogni costo. Lucas mi sembrava in difficoltà ad assumersi le proprie responsabilità e più incline a un ritorno anticipato in Svezia per tirarsi fuori da una situazione nella quale faceva fatica a calarsi. Da parte mia non ero preoccupata. Mio padre, dopo un inizio difficile, si era rivelato disponibile e collaborativo, e con l’orgoglio latino che lo contraddistingueva, un giorno, dopo che io gli comunicai la mia ferma e ragionata intenzione di portare a termine la gravidanza, mi rassicurò dicendomi: “Jacqueline, io credo che la famiglia si veda nel momento di difficoltà, e penso che per far crescere il bimbo o la bimba che stai aspettando, noi tre faremo fronte comune, non avremo bisogno di nessun altro, se tu non lo vorrai”.

Questo atteggiamento mi diede molta carica. Lucas mi piaceva, ma non ne ero innamorata e non era l’uomo della mia vita. Peraltro non mi era piaciuto il suo comportamento nel momento in cui era emersa questa inattesa gravidanza. Non che fosse una situazione semplice, ma mi era sembrato fin dall’inizio più propenso a trovare una via d’uscita per sé stesso, che a proporre una situazione condivisibile per entrambi.

Per cui, forte dell’appoggio di mio padre, certa di non essere innamorata di Lucas e considerando il suo atteggiamento vigliacco e fintamente indeciso, abbiamo deciso di gestire la cosa da soli, non obbligandolo ad assumersi le proprie responsabilità. Fin da subito abbiamo capito di aver operato la scelta giusta, visto che Lucas dopo poche settimane era sparito da Parigi, ritornando in Svezia precipitosamente.

Bè, nel momento più difficile, mi sentivo un’eroina. Supportata da mio padre mi sembrava di riuscire da sola a fronteggiare qualunque cosa, anche se con il tempo non mi sono sentita sempre così, anzi.

Anche per dimostrare a mio padre che avevo capito la lezione, cambiai mentalità. Lasciai perdere la parte scanzonata del carattere di una ventenne, sostituendola con la volitività di chi vuole emergere nella vita. Pur ancora incinta mi impegnai nello studio e anche quando nacque Jeanne, buonissima e tranquilla fin dai primi giorni, continuai a studiare in maniera assidua. Mi laureai a ventitré anni con il massimo dei voti, come se la nascita della bambina non avesse per nulla impattato la mia esistenza. Non una rivincita nei confronti di qualcuno, ma solo il modo di dimostrare a me stessa e a mio padre che ero una persona concreta, responsabile e ambiziosa.

Certo, la mia vita era cambiata, ma ne ero orgogliosa. Ho vissuto sempre più di corsa: corri all’università, corri da Jeanne, occupati di lei, allattala, cambiala. E poi dopo la prima fase: studia, prepara la tesi, incomincia a portarla al nido, cerca di essere una brava madre e nel contempo, cerca un lavoro che garantisca una buona entrata. Mio padre, infatti, era ricco d’animo e prodigo di suggerimenti, ma il suo conto in banca non era dello stesso livello e quindi, oltre comunque a non volerlo, non potevo pensare che mi aiutasse economicamente.

Anche mia madre per l’occasione sembrò svegliarsi dal torpore che l’aveva avviluppata negli anni precedenti, e divenne un bel supporto. Ridusse il tempo che dedicava a fumare le sigarette e ad acconciarsi e lo destinò con profitto a darmi una mano con la bimba. Improvvisamente diventò una discreta cuoca, sorprendendo anche mio padre che per mangiare bene, era stato a lungo costretto per anni a cucinare lui in prima persona, ricorrendo alle ricette della cucina romana tramandate in famiglia. Io continuavo a vivere con loro, ma la cosa non mi pesava, anzi, era necessaria sia dal punto di vista economico, che da quello organizzativo.

Poco dopo la laurea, quando avevo trovato il mio primo lavoro presso uno studio privato e Jeanne si avviava verso il suo terzo compleanno, mio padre si ammalò e in pochi mesi se ne andò, lasciando un vuoto enorme in tutti noi.

Il periodo che seguì fu uno dei più brutti della mia vita. Anche mia mamma subì il contraccolpo per la perdita e temetti ricadesse nello stato quasi catalettico da cui era risorta dopo l’inizio della mia gravidanza. Per fortuna però Jeanne rappresentò la luce che illuminava le nostre tristi giornate ed emanava una luce così potente da far passare spesso in secondo piano le nubi che riempivano il nostro cielo.

Poi, improvvisamente, una svolta importante, la prima veramente positiva e fortunata dopo lungo tempo. Una mia amica mi ha contattata per informarmi che suo padre, importante dirigente della Reynolds Enterprise, stava cercando una figura da inserire nell’ufficio commerciale della sede di Parigi e, sapendo della mia situazione, ma soprattutto conoscendo il mio percorso scolastico, mi proponeva un incontro per vedere se fossi all’altezza della posizione cercata.