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Italienisch lernen mit mörderischen Kurzgeschichten Sie lesen gerne Krimis und möchten etwas für Ihr Spanisch tun? Mit diesen spannenden Kriminalgeschichten frischen Sie Ihr Italienisch auf. Die verwendete Sprache passt genau zu Ihrem Lernniveau, so dass Ihnen das Lesen ganz leicht fällt. Schwierigere Wörter sind in den Fußnoten übersetzt. Für Anfänger (A1) bis Wiedereinsteiger (A2).
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Seitenzahl: 139
Mörderische Kurzkrimis zum Italienischlernen
von Dominic Butler und Massimo Marano
PONS GmbHStuttgart
PONS
IL MISTERO DEL TEVERE
Mörderische Kurzkrimis zum Italienischlernen
von Dominic Butler und Massimo Marano
Alle in diesem Buch geschilderten Handlungen und Personen sind frei erfunden. Ähnlichkeiten mit lebenden oder verstorbenen Personen wären rein zufällig.
1.Auflage 2016
www.pons.de
E-Mail: [email protected]
Projektleitung: Francesca Giamboni
Autor Geschichten 1-8: Dominic Butler Autor Geschichten 9-15: Massimo Marano Übersetzung aus dem Englischen Geschichten 1-8: Silvia Andriolo Redaktion: Giovanni Garelli Covergestaltung: Anne Helbich, Stuttgart Logoentwurf: Erwin Poell, Heidelberg Logoüberarbeitung: Sabine Redlin, Ludwigsburg Bildquelle Umschlag: Akte: Thinkstock/RTimages; Stadt: hinkstock/IakovKalinin; Ohrring: Thinkstock/ Elnur Amikishiyev. Layout: PONS GmbH, Stuttgart
ISBN: 978-3-12-050108-4
Sie lesen gerne Krimis und möchten etwas für Ihr Italienisch tun? Mit diesen spannenden Kriminalgeschichten frischen Sie Ihr Italienisch auf. Die verwendete Sprache passt genau zu Ihrem Lernniveau, so dass Ihnen das Lesen ganz leicht fällt.
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Viel Spaß!
Dominic Butler, Sprachlehrer und Schriftsteller, stammt aus Nordengland. Nach seiner Schulzeit studierte er Film und Literatur und während seiner Studienzeit arbeitete er in Teilzeit als Gerichtsschreiber am Strafgericht. Dort erwachte sein Interesse für Kriminalfälle, die von nun an Thema vieler seiner Kurzgeschichten wurden. Dominic lebt und arbeitet in Italien, wo er gerade seinen ersten Roman beendet, einen düsteren, jedoch humorvollen Krimi.
Massimo Marano: Als gebürtiger Römer lebt und arbeitet Massimo Marano in München, wo er als Autor und Übersetzer tätig ist. Seine Kriminalromane und Liebesromanzen wurden schon von namhaften Verlagen herausgebracht.
La terrazza del piccolo ma lussuoso1 ristorante è tutta occupata, non ci sono tavoli liberi. La luce del sole si riflette2 sui bicchieri di spritz e prosecco, nell’aria calda si sente il rumore di risate3 e di voci rilassate.
Stefano rimane fermo per un momento, con un’agenda4 con la copertina nera sotto il braccio. È arrivato troppo tardi. A Venezia, se vuoi trovare un tavolo in un bel ristorante vicino al Canal Grande, devi arrivare molto prima.
Guarda ancora una volta il canale e le persone eleganti che si godono5 il sole e la vista, poi si gira e va verso l’uscita.
Domani devo arrivare prima, pensa.
È un posto così rilassante… Stefano è sicuro che qui è facile trovare l’ispirazione.
L’ispirazione. È a Venezia da quasi una settimana, ma ancora non ha avuto nessuna nuova idea.
È quasi arrivato alla porta, quando sente una voce bassa che gli parla in modo gentile: “Scusi?”
Si ferma, si gira e vede un anziano signore ben vestito. È seduto a un tavolo, da solo. “Sì?” risponde Stefano.
“Sta cercando un tavolo? Io sono da solo… Se vuole può sedersi qui, c’è una sedia libera. La vista del canale non è eccezionale, ma c’è un po’ di sole e il cibo qui è davvero ottimo.”
Per un momento Stefano è indeciso6.
È venuto in questo ristorante per sedersi vicino al Canal Grande, ma c’è qualcosa di interessante in quest’uomo anziano così educato.
“Grazie mille, molto gentile, accetto volentieri.”
Il signore si alza in piedi e dà la mano a Stefano: “Savini.”
“Piacere, io sono Stefano.”
L’uomo fa un sorriso gentile e Stefano lo osserva più attentamente.
È alto, ha le spalle larghe, le braccia robuste e le mani grandi. Ha la pelle del viso abbronzata7 e segnata dal sole. Porta vestiti eleganti ma semplici. I vestiti di un uomo che ha molti soldi, ma che ha lavorato duramente per averli.
Sì, i vestiti gli stanno benissimo. A parte, forse, il foulard8 blu che porta al collo.
Stefano si siede e per un momento rimangono in silenzio9, mentre Stefano si guarda intorno.
Il tavolo è nella parte posteriore10 della terrazza del ristorante, in una posizione tranquilla e quasi isolata. La vista sul Canal Grande non è molto buona, ma sotto di loro passa un rio11 che porta al Canal Grande.
Il cameriere arriva e porta al Signor Savini un piatto di pasta. “Grazie, Mattia. E vorrei un altro spritz. Per Lei, Stefano?”
“Lo stesso.”
Il cameriere va via e Stefano indica12 il piatto. “Prego, mangi pure, non voglio disturbare il suo pranzo.”
“Ah, no, è un’insalata di linguine, un piatto che va servito freddo13,” dice il Signor Savini con un sorriso. “Mi dica, Stefano, di dov’è?”
“Di Torino. Sono a Venezia per una breve vacanza.”
“Davvero? Quando ho visto la sua agenda, ho pensato a un uomo d’affari in viaggio di lavoro.”
“Oh, no. Questo è solo per i miei appunti14.”
“I suoi appunti?”
“Sì, sono uno scrittore. Sto usando questa vacanza per cercare idee per il mio prossimo romanzo15.”
“Davvero? Allora è venuto nel posto giusto. Venezia è molto stimolante16 da questo punto di vista.”
“Sì, sono d’accordo, è una città stupenda.”
“Sì, bellissima, ma soprattutto è una città di grandi tragedie.”
Gli spritz arrivano e Stefano nota che il signor Savini guarda il suo orologio e poi il rio.
“Ha vissuto qui tutta la sua vita, Signor Savini?”, chiede.
“Non proprio, ma… Vede quel palazzo di fronte? Vede quelle due finestre? Io sono nato là, in un piccolo appartamento.”
Stefano guarda oltre il corso d’acqua e osserva le finestre di un appartamento proprio sopra il livello dell’acqua, nel palazzo all’angolo tra il rio e il Canal Grande.
Dietro una finestra vede un’anziana signora elegante. “E quella è sua moglie, Signor Savini?” chiede, ma quando si gira verso l’uomo, vede che il signor Savini non sorride più.
“No, quella è la moglie di mio fratello.” E il veneziano beve un lungo sorso17 del suo spritz e controlla ancora una volta l’ora. “Mi dica, Stefano. Ha voglia di ascoltare una delle storie tragiche di questa città?”
“Certo, con grande piacere!”
Il signor Savini sorride, ma Stefano nota18 qualcosa di strano nella sua espressione.
“Allora, c’è un gondoliere che ha due figli belli e forti. Da adulti anche loro fanno i gondolieri. La famiglia vive felice e in pace. I fratelli si dividono19 la gondola, i clienti e i soldi che guadagnano. Abitano insieme nella casa di famiglia sul Canal Grande. Entrambi sono forti e coraggiosi. Il fratello più grande sa parlare bene e racconta ai suoi clienti le storie della città. Il fratello più piccolo ha una bellissima voce e canta per i clienti.
Così, tutto va bene per molti anni, ma un giorno il fratello maggiore si innamora di una veneziana. Le chiede di sposarlo, e lei risponde di sì. Ma il gondoliere non sa che anche suo fratello è innamorato di questa donna, e che la ama così tanto che è pronto a fare qualsiasi cosa per averla.
Il signor Savini si ferma, guarda la donna alla finestra della casa, poi beve un altro lungo sorso.
“Una notte,” continua, “mentre il fratello maggiore sta ritornando a casa in gondola, succede un terribile incidente. È buio20 e il gondoliere non vede un sottile filo metallico21teso22 sopra l’acqua che va da un lato all’altro del rio. Il filo prende23 il gondoliere alla gola. Il gondoliere cade dalla gondola e finisce nell’acqua scura di Venezia.”
“E annega24?” chiede Stefano, che sta scrivendo velocemente la storia sull’agenda.
“Annega? No. È un vero veneziano. I veri veneziani non annegano. Ma è ferito25 in modo grave. Per molte settimane rimane a letto, con un’orribile ferita26 sul collo. Una ferita così brutta che la donna che ama non ha il coraggio di andarlo a trovare27. Non lo vuole più vedere. Lei vuole sposare ungondoliere forte e affascinante, non un uomo debole e ripugnante28.”
Il signor Savini controlla l’ora ancora una volta.
“Così sposa il fratello minore?”
“Sì, Stefano, esatto. Il gondoliere è un uomo finito. Sa che è stato suo fratello a mettere il filo sul rio, ma nessuno gli crede. I rapporti con suo padre e con la famiglia diventano sempre più difficili. Una sera lo mandano via di casa e gli dicono di non tornare mai più. Il giorno del matrimonio del fratello lui è in chiesa, nascosto29, a guardare la cerimonia… poi scompare30.”
“Poveretto31.” dice Stefano, lasciando la penna. “Questa è davvero una storia tragica.”
Allora il signore sorride. “Ma, Stefano, questa non è la fine della storia. Vede, Le ho detto che i veri veneziani non annegano mai. Mentre esce dalla chiesa, l’uomo fa un giuramento32. Giura di ritornare per vendicarsi33 di suo fratello. E così viaggia per tutto il mondo, fa ogni tipo di lavoro. Quando ha guadagnato abbastanza soldi per comprare una sua gondola, ritorna finalmente nella sua città. È molto cambiato, ma non ha dimenticato il suo giuramento. Vede suo fratello quasi ogni giorno, ma non si fa riconoscere. Poi un giorno capisce che è arrivato il momento. Vede… come questa insalata di linguine, lui sa che la vendetta è un piatto che va servito freddo.”
Stefano prende in mano la penna e ricomincia a scrivere. “E che cosa fa? Picchia34 il fratello?”
“Picchiare il fratello?” Il signor Savini fa una strana risata. “No, vuole farlo soffrire35 nello stesso modo, proprio come ha sofferto lui. Così, durante la notte, lega un filo di metallo da una parte all’altra di un rio e poi lascia il filo nell’acqua. Il giorno dopo trova un posto vicino dove sedersi e di nascosto tende il filo di ferro fuori dall’acqua. E poi aspetta.”
“Ho capito,” dice Stefano, ma poi comincia a provare una strana sensazione36. Lentamente alza gli occhi e guarda l’uomo seduto di fronte a lui. L ’ anziano signore, alto, forte. L’uomo con le spalle larghe e la pelle abbronzata e segnata dal sole.
Poi guarda il foulard che copre il collo dell’uomo e improvvisamente sente freddo.
Sta per dire qualcosa, quando sente il suono di una bella voce profonda37 che canta nel sole del pomeriggio. Nell’appartamento dall’altra parte del rio Stefano vede la signora anziana sorridere e aprire la finestra, mentre con gli occhi cerca qualcosa che si avvicina nell’acqua scura.
“Signor Savini…” Stefano lo chiama mentre si alza in piedi per vedere meglio l’elegante gondola nera che scivola38 veloce e tranquilla sull’acqua. “Signor Savini!” Stefano quasi grida39, gli occhi cercano qualcosa nello spazio tra i due palazzi.
Cercano qualcosa di sottile e di metallico.
Ma l’anziano signore non risponde, non guarda nemmeno.
Semplicemente porta alla bocca la forchetta con le linguine e comincia a mangiare.
“Sì,” dice, con la bocca piena, “È vero, è proprio un piatto che va servito freddo.”
Ma Stefano non lo sente, perché proprio in quel momento si sente un grido terribile, e poi il rumore di qualcosa di pesante che cade nell’acqua scura di Venezia.
“Dov’è andata quell’auto? Ha girato a destra?” chiede Giovanni, con gli occhi sullo specchietto laterale1.
Michele non guarda. “Non so, non ho visto.”
“Per te sono loro?”
“No.”
“O forse sì. Ma cosa sto facendo?”
“Stai aiutando me, tuo fratello, ricordi?”
Seduto sul sedile del passeggero2, Giovanni prende una sigaretta dal pacchetto e la accende. “Sì, sì. Come posso dimenticare? Quando mi hai detto al telefono che avevi un problema, non pensavo a una cosa del genere3.”
“Dammi una sigaretta,” dice Michele, la voce seria.
“Tu non fumi.”
“Stasera sì.”
Giovanni accende un’altra sigaretta e la passa a Michele. “Sì, in effetti, uccidere4 un mafioso non è una cosa che succede tutti i giorni.”
Michele comincia a fumare, ma non si calma.
Tutto quello che riesce a fare è tenere gli occhi sulla strada buia di campagna e lontani dallo specchietto retrovisore5 dove si vede il corpo nel retro6 del furgone.
“Merda. Hai ucciso Gabriele Mosca. Quando la famiglia Mosca lo scopre7, sei morto. E sono morto anche io!”
“Sta’ zitto8! Non lo scoprono, se facciamo come ti dico.”
“Mio Dio. Ma cosa è successo? Me lo puoi dire?”
Michele alza gli occhi. Suo fratello minore crede di essere un duro9, ma in realtà è solo un codardo10. Uno stupido codardo.
“Tu non sai niente, Giovanni. Da quanto tempo non vieni in campagna? Tre anni? La fattoria è in rovina11. Gli ultimi due anni sono stati un disastro. Abbiamo avuto un sacco di problemi con i limoni… quasi tutti gli alberi si sono seccati12. Sono sicuro che i responsabili sono quelli delle fattorie vicine.”
“E così vai a parlare con i Mosca? Una delle famiglie mafiose più grandi della Sicilia?”
“Beh, perché no? Tu non mi hai mai aiutato.”
“Ma io ho la mia attività commerciale a Catania.”
“Cosa? Spacciare13?”
Giovanni rimane per un po’ in silenzio. “E poi?”
“All’inizio tutto va bene. Mandano un loro uomo nella fattoria, così tutti capiscono che io ho la protezione14 della famiglia Mosca. E tutto va bene. Più nessun problema…”
“Fammi indovinare15. Poi vogliono più soldi?”
Michele finisce la sigaretta e la butta dal finestrino. “Arrivano un giorno e invece di 5.000 euro ne chiedono 10.000. Dopo 6 mesi tornano, e questa volta ne vogliono 15.000. Io non li ho. Provo a trovarli, ma arrivo al massimo a 8.000. Stasera, quando vedo la macchina di Gabriele entrare in giardino, penso che forse posso dargli la metà, ma lui li vuole tutti… dice che se non pago si prendono il furgone e il trattore.”
Giovanni accende un’altra sigaretta e la passa a suo fratello. “E allora?”
“Allora dico di no. Che non voglio più la loro protezione. Gli dico di prendere i soldi e di andare via. Lui si gira per andarsene, ma improvvisamente si gira di nuovo e mi dà un pugno16 in faccia. Io cado per terra, vedo una pala17, la prendo e…”
“Merda…”
La strada ora è deserta, la città di Catania è alle loro spalle. Di fronte a loro una grande ombra18 scura si alza verso il cielo buio.
Michele ferma il furgone e Giovanni si guarda indietro nervosamente. “No, non c’è nessuno.”
“Senti, mi dispiace, ti ho chiamato perché non conosco nessuno che… solo tu puoi aiutarmi. Grazie a Dio Anna e i bambini sono dalla nonna a Palermo. Non devono sapere niente di questa storia, Giovanni, nessuno deve sapere.”
Giovanni alza gli occhi e dice “Forse posso andare a parlare con uno dei Mosca… Posso provare a spiegare… Conosco un paio di persone della famiglia. Non siamo amici, ma mi conoscono.”
Come no19, pensa Michele. E forse anche loro pensano che tu sei uno stupido e un codardo. “No, se vai dai Mosca poi siamo morti tutti e due. Questo è l’unico modo.” E guarda l’ombra scura di fronte a loro.
“Beh, probabilmente altre persone hanno fatto la stessa cosa prima di noi.” dice Giovanni.
“Forse. È l’unico modo… così nessuno può trovare il corpo. Gabriele è venuto da solo. Nessuno mi ha visto. Lasciamo qui il corpo, torniamo alla fattoria e nascondiamo la sua macchina nel fienile, sotto il fieno. Fidati20 di me, questa è la cosa migliore. È il nostro segreto. Facciamolo e poi non ne parliamo mai più… mai più!”
Giovanni è d’accordo. “Ok, andiamo.”
Michele avvia il furgone, parte lentamente e prende una stradina laterale.
Di fronte a loro l’ombra è nera e silenziosa, ma in cima21 si vede una luce rossa: il Monte Etna non vuole ancora dormire.
E mentre salgono nel buio verso la cima del monte, dietro di loro un’auto li segue con le luci spente. I tre uomini dentro sono pericolosi come il vulcano.
A metà strada Michele si ferma.
“Cosa fai?” chiede Giovanni.
“Qui va bene. Non serve salire in cima, è troppo pericoloso.
Qui c’è una crepa22 nel terreno, non molto grande ma grande abbastanza per questo maiale.” dice Michele mentre indica il corpo sul retro.
Giovanni fa un largo sorriso. “Siamo due veri criminali.” Michele mette la mano sul braccio di suo fratello. “Non è un gioco, Giovanni. Capisci?”
“Certo!” dice Giovanni, e scende dal furgone.