Saper parlare - H. G. Watson - E-Book

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H. G. Watson

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“Chi sa parlare è capace di far tacere tutti i cannoni del mondo”Kotzbue “Helferstein”“Saper parlare?” Sapere, amici lettori, considerato però in due sensi: in qualità e in quantità.In questo mio nuovo libro vi voglio insegnare a parlare. Insegnarvelo anche se avete la parola difficile, stentata, se siete balbuzienti. Non dovete mai scoraggiarvi. La balbuzie e qualunque altra difficoltà di riuscire ad articolare che erano considerate sino a poco tempo fa quasi delle malattie inguaribili, oggi vengono classificate come semplici difetti annullabili facilmente per mezzo di semplici esercizi che vi andrò esponendo più oltre. Voi, certo conoscerete la storia di Demostene che è stato il più grande oratore ateniese (384-322 a. C.) e che tuttavia aveva un difetto di pronunzia marcatissimo. Era balbuziente. Ma a forza di volontà, Demostene riuscì a vincerlo mettendosi dei sassolini in bocca allo scopo di superare gli intoppi della parola. Per potersi addestrare a parlare spedito, Demostene si ritirava per lunghi giorni in una spelonca sulla riva del mare ed ivi recitava ad alta voce i suoi discorsi. Il mare in tempesta aveva il compito di recitare la parte della folla rumoreggiante ed il giovane oratore non era soddisfatto se non quando con la sua voce riusciva a superare il fragore delle onde. E fu così che poté vincere clamorosamente la sua prima causa contro il tutore Afobo che aveva fatto man bassa dei capitali affidatigli.Insegnarvelo anche se, avendo la parola facile, non riuscite a quadrare i vostri discorsi come qualità. Per ogni uomo c'è una medicina. La stessa medicina è difficile che sia adatta a due persone diverse. Così è indispensabile che abituiate subito il vostro cervello al concetto che non è possibile parlare allo stesso modo con due persone diverse. Tanto per stare a Demostene, a chi gli chiedeva come avesse fatto a diventare un oratore di un così grande valore, egli rispose: — Spendendo più in olio che in vino — e con ciò alludeva alle lunghe notti vegliate, intento allo studio accanto alla sua lampada ad olio.Questo mio libro vuole essere appunto un manuale dedicato a questo scopo: farvi conoscere cosa sia la parola, cosa se ne possa ricavare, come la si possa utilizzare e soprattutto “quando”. Ed in primo luogo, vi vuole insegnare a dosarla opportunamente come uno di quei veleni che in dosi logiche offrono la salute, in dosi errate portano alla morte.Amici timidi, balbuzienti, impacciati nel tentare di esprimere ciò che vorreste dire, il guarire, il diventare degli esseri normali, delle persone con lo scilinguagnolo pronto non dipende che da voi. Se mi seguirete attentamente nelle brevi tappe di questo mio studio, ritrarrete immediatamente dei grandi vantaggi. Per ottenere ciò basta che consideriate il mio libro non come un libro da leggersi bensì come una serie di lezioni da eseguirsi. Procedete oltre soltanto quando avrete l'impressione netta di essere riusciti a realizzare i consigli ch'io andrò man mano esponendovi.

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Saper parlare

Guida pratica per sviluppare l'arte della parola attraverso la gestualità, il linguaggio e l'ascolto per conquistare il dominio di sè e degli altri

H.G. WATSON

Prima edizione digitale 2016 a cura di Anna Ruggieri

INDICE

Introduzione

PARTE PRIMA

IL SECOLO DELLA PAROLA

I. Una chiave per il successo

Il. Il balbuziente, martire ignoto

III. I bimbi e la parola

IV. La fonologia

V. Il sistema del dott. James Sonnet Greene

PARTE SECONDA

“IL MECCANISMO DELLA CONVERSAZIONE”

I. “Svolta pericolosa”

II. “Il seccatore pubblico N. 1”

III. Potenza della voce

IV. Come ci si fa ascoltare

V. I segreti del gesto e dello sguardo

PARTE TERZA

LA PAROLA E LA VITA

I. La musica della bellezza

II. L'arte di dir di no

III. La donna in società

IV. La parola applicata

PARTE QUARTA

LA PAROLA E IL PUBBLICO

I. Come si conquista un uditorio

II. L'uno e i molti

III. L'A. B. C. dell'oratore

IV. Come si prepara un discorso

INTRODUZIONE

“Chi sa parlare è capace di far tacere tutti i cannoni del mondo”

Kotzbue “Helferstein”

“Saper parlare?” Sapere, amici lettori, considerato però in due sensi: in qualità e in quantità.

In questo mio nuovo libro vi voglio insegnare a parlare. Insegnarvelo anche se avete la parola difficile, stentata, se siete balbuzienti. Non dovete mai scoraggiarvi. La balbuzie e qualunque altra difficoltà di riuscire ad articolare che erano considerate sino a poco tempo fa quasi delle malattie inguaribili, oggi vengono classificate come semplici difetti annullabili facilmente per mezzo di semplici esercizi che vi andrò esponendo più oltre. Voi, certo conoscerete la storia di Demostene che è stato il più grande oratore ateniese (384-322 a. C.) e che tuttavia aveva un difetto di pronunzia marcatissimo. Era balbuziente. Ma a forza di volontà, Demostene riuscì a vincerlo mettendosi dei sassolini in bocca allo scopo di superare gli intoppi della parola. Per potersi addestrare a parlare spedito, Demostene si ritirava per lunghi giorni in una spelonca sulla riva del mare ed ivi recitava ad alta voce i suoi discorsi. Il mare in tempesta aveva il compito di recitare la parte della folla rumoreggiante ed il giovane oratore non era soddisfatto se non quando con la sua voce riusciva a superare il fragore delle onde. E fu così che poté vincere clamorosamente la sua prima causa contro il tutore Afobo che aveva fatto man bassa dei capitali affidatigli.

Insegnarvelo anche se, avendo la parola facile, non riuscite a quadrare i vostri discorsi come qualità. Per ogni uomo c'è una medicina. La stessa medicina è difficile che sia adatta a due persone diverse. Così è indispensabile che abituiate subito il vostro cervello al concetto che non è possibile parlare allo stesso modo con due persone diverse. Se usate un linguaggio per convincere un vostro inferiore od un vostro simile di grado, lo stesso linguaggio — è ovvio non sarà valido per una persona intellettualmente superiore a voi. Ma potrete convincere anche questa, se seguite attentamente i miei consigli.

Tanto per stare a Demostene, a chi gli chiedeva come avesse fatto a diventare un oratore di un così grande valore tanto che nessuno osasse averlo ad avversario, egli rispose: — Spendendo più in olio che in vino — e con ciò alludeva alle lunghe notti vegliate, intento allo studio accanto alla sua lampada ad olio.

Bisogna che sia l'uomo a guidare la parola e non la parola a trascinare l'uomo. In certe contingenze è di estrema abilità saper tacere e saper magari dimenticare ciò che si sente. La parola è una terribile arma e come tutte le armi, delicatissima a maneggiarsi.

Questo mio libro vuole essere appunto un manuale dedicato a questo scopo: farvi conoscere cosa sia la parola, cosa se ne possa ricavare, come la si possa utilizzare e soprattutto “quando”. Ed in primo luogo, vi vuole insegnare a dosarla opportunamente come uno di quei veleni che in dosi logiche offrono la salute, in dosi errate portano alla morte.

Vi sono dei popoli primitivi che sanno esprimere tutti i loro sentimenti e tutti i loro desideri con un numero limitatissimo di parole. Non sono la quantità di parole, la farragine, l'ampollosità che rendono un discorso convincente. Al contrario più è chiara e più è sintetica e semplice la vostra espressione e più vi sarà facile convincere il vostro uditorio.

Amici timidi, balbuzienti, impacciati nel tentare di esprimere ciò che vorreste dire, il guarire, il diventare degli esseri normali, delle persone con lo scilinguagnolo pronto non dipende che da voi. Se mi seguirete attentamente nelle brevi tappe di questo mio studio, ritrarrete immediatamente dei grandi vantaggi. Per ottenere ciò basta che consideriate il mio libro non come un libro da leggersi bensì come una serie di lezioni da eseguirsi. Procedete oltre soltanto quando avrete l'impressione netta di essere riusciti a realizzare i consigli ch'io andrò man mano esponendovi.

Naturalmente alcuni problemi particolari, in questo mio libro si trovano appena sfiorati ed accennati poiché essi sono studiati a fondo in altri miei volumi che sono apparsi o sono in corso di stampa in questa stessa collezione.

Opportuni richiami al momento necessario, serviranno ad illuminarvi.

PARTE PRIMA - IL SECOLO DELLA PAROLA

CAPITOLO PRIMO - Una chiave per il successo

La vera forza motrice in questo invisibile regno del pensiero ed iu questa unione intellettuale che scorre per tutti i secoli ed anche si allarga da una nazione all'altra, è La potenza della parola.

SCHLEGEL

La parola è oggi più che mai la chiave del successo. L'umanità è sempre stata dominata da due forze: la parola e l'azione. Forze che, a volte, sono state erroneamente considerate antitetiche. C'è stato anzi un periodo in cui la parola era caduta in grande dispregio. Tutti gli allori andavano all'azione. Gli nomini chiusi erano considerati dei geni. 1. chiacchieroni dei pappagalli inutili.

Ma il tempo ha dato ragione ai secondi. Sono state le parole che hanno fatto la storia. L'azione non si è dimostrata che un corollario della parola ed un corollario impossibile a realizzarsi senza l'impulso della parola.

Esopo, il celebre schiavo favolista greco, vissuto tra il VII e il VI secolo avanti Cristo, usava dire: “Cosa vi è di meglio al mondo della lingua? È il legame della vita civile, l'organo della verità e della scienza, la sovrana delle assemblee politiche. Cosa vi è di peggio della lingua? È la causa di tutti i litigi, di tutte le inimicizie e di tutte le guerre”.

In questa chiara sintesi di ventisei secoli or sono è tutta la verità più profonda. La parola è il motore sovrano. Il motore del bene e del male. Il segreto consiste tutto nel saperla indirizzare.

Nel secolo decimonono, la parola ha avuto il suo grande secolo con la fioritura dei tribuni. Ma sono essi da condannare? O non hanno forse preparato la strada ai tempi avvenire, quindi agli atti? La parola è stata sempre il grande sprone per tutte le imprese eccezionali. Alessandro, Annibale, Cesare al Rubicone ed a Rimini, ebbero bisogno della parola alatissima per convincere. Cosa sarebbe stato di essi se non avessero potuto comunicare con la folla attraverso la loro eloquenza? La storia è fatta più di discorsi che di azioni. Nella storia moderna dell'Italia forse che il discorso di D'Annunzio sullo scoglio di Quarto non segna una svolta luminosa? E quello di Roma prima dell'impresa di Fiume? Non sono stati forse dei discorsi a creare e sciogliere le situazioni più complicate? Cosa sarebbero i piloti attuali del mondo se essi non sapessero rivolgersi al grande pubblico avvincendolo?

Riabilitiamo quindi la parola.

Non dimenticate che oggi siamo nel secolo della parola, nel secolo in cui essa è più che mai indispensabile. La radio domina sovrana (e questo necessiterà un capitolo particolare poiché tutti “credono” di essere capaci di parlare alla radio mentre in realtà ancora oggi la percentuale di coloro che possono affrontare con successo il microfono è spaventosamente bassa!), anche il cinematografo ha bisogno di voci: il commercio si basa sulle parole, poiché la concorrenza poggia su di esse. Si deve infine dar ragione allo shakespeariano e amletico: «Parole! Parole! La vita è fatta di parole”. Parole più parlate che scritte.

Ma bisogna che non perdiate di vista una cosa: che cioè mentre il diciannovesimo secolo era il secolo delle “chiacchiere per le chiacchiere”, secolo in cui i retori, avvocati, oratori di qualunque tipo, in tribunale, al parlamento o in piazza, si conquistavano una facile celebrità come i “conversatori da salotto”, oggi che la parola ha assunto una importanza ancora maggiore essa perde qualunque valore se non è convalidata dai fatti. Ma è vero anche l'opposto che se i fatti non sono preceduti da un'abile preparazione di parole perdono quasi tutto il loro valore e non raggiungono quasi mai le mete prefissesi.

L'innegabile verità è che viviamo in un secolo positivo. Se l'imbonitore di piazza non ha proprio niente da smerciare, può ben essere eloquente come Demostene o Cicerone, ma in breve dovrà piegare le tende e far fagotto per mancanza di “movimento d'affari”.

I timidi, i balbuzienti, gli incapaci ad esprimersi si consolano con la consolazione dell'eunuco, blaterando che tutto ciò è falso e che nella vita soltanto i fatti hanno una logica ragione di essere e sono la chiave del successo. Ammettiamo, per amore di discussione, che ciò possa essere vero: ma se i fatti riscuotono un successo di per se stessi, di quanto sarebbe moltiplicato questo successo se i fatti fossero accompagnati dalle opportune parole?

Ci troviamo alla presenza di autentici fanatici, di pragmatisti che è meglio lasciar gracchiare. Vedremo dove potranno essere condotti dai loro fatti muti.

E’ possibile conquistare una donna senza il fascino delle parole? E allora perché Cristiano ha avuto bisogno di Cirano, e perché Rossana ha amato in Cristiano soltanto le parole di Cirano? E come mi spiegate, signori scettici, allora il successo di tutti i segretari galanti di questo mondo? Se fossero sufficienti i fatti a cosa servirebbero queste parole? E perché gli uomini politici che mancano di eloquio — anche se geniali ed abili — vengono presto o tardi sommersi e dimenticati a causa di qualcuno che sa parlare meglio di loro?

Io non sono un fanatico della parola e nemmeno dell'azione. Io affermo che si tratta di due coefficienti i quali agiscono coordinatamente, e più aumenta l'importanza della parola, in ragione diretta, altrettanto si moltiplica l'importanza dell'azione. Non si conclude più nulla, nella vita, in nessun campo, non si raggiunge il successo — come avveniva soltanto or è mezzo secolo; come si vedeva ai tempi di Dulcamara — con il puro e semplice artifizio della parola o piuttosto con l'uso della parola come si faceva nel secolo scorso. I tempi mutano e si evolvono per tutte le cose. L'imbonitore il quale attraeva il pubblico presentando il negro che mangiava il pollo crudo, ha naturalmente dovuto cambiare repertorio passando alle sorelle siamesi, alla reginetta. Ma cosa dimostra ciò?

Tutte queste cose ho sentito mio dovere premettere perché non voglio che il mio lettore si possa illudere di imparare “a saper parlare” con metodi che sono vecchi anche di soli vent'anni. Ogni tempo, la sua arte della parola. Soltanto dieci anni or sono, i fanatici della parola non si preoccupavano affatto dei capitoli radio, telefono, cinematografo che sono invece i pilastri dell'eloquenza moderna e che sono le basi su cui poggia questo mio studio.

Oggigiorno la chiave del successo si chiama “parola-azione”. Ma l'azione senza la parola perde l'ottanta per cento delle possibilità mentre la parola senza l'azione può perdere sì e no il cinquanta. È vero che oggi si agisce come quantità, come qualità, come velocità assai di più di quanto si sia agito in precedenza; ma non è meno vero che altrettanto si è evoluta la progressione della parola. Uno specchio sia per voi la moltiplicazione dei giornali. Mentre circa quaranta milioni di periodici inondano oggi tutta l'America, per ottenere una consimile statistica cinquant'anni or sono vi era sufficiente togliere uno zero. O forse più. E stampate, o meno, siamo sempre nel regno delle parole. Ogni radioconferenza si rivolge a milioni di ascoltatori.

E non perdete di vista la decadenza delle parole scritte che porta ad una necessità sempre maggiore dell'evoluzione della parola parlata. Oggi non si scrive più al ritmo con cui si scriveva al principio del secolo; ci si telefona. È tramontato il tempo delle lettere (l'amore riunite col nastrino rosa. Oggi, persino le nostre ragazze americane che fanno la coltura delle “rotture di fidanzamento”, incontrano una difficoltà superlativa a procurarsi dei “documenti scritti”.

Oggi, tutti si trovano nella necessità di dover “saper parlare” per aprirsi una strada nella vita. Amanti, industriali, commercianti, dirigenti per non parlare dei giornalisti, degli avvocati, degli uomini politici se non “sanno parlare sono assolutamente andicappati e falliscono inesorabilmente nella carriera intrapresa. Sono inghiottiti dalle sabbie mobili del mutismo. Giorno per giorno sino a scomparire. Ed appunto per la mancanza delle parole, nessuno si accorge della loro scomparsa.

Mi dite un po' come potrebbero fare i grandi finanzieri a sostenere la stabilità dei loro castelli di carta se non avessero in appoggio la facilità di parola? Come farebbero i presidenti di consigli di amministrazione a convincere gli azionisti nelle assemblee?

Oggi, il mondo vive di propaganda. Le vie dell'etere sono piene di propaganda. Gli schermi parlanti dei cinematografi sono pieni di propaganda. Le piazze domenicali straripano di propaganda. Altoparlanti, diffusori, megafoni. Propaganda. E cosa è la propaganda se non l'esaltazione della parola?

La parola ha invaso persino le più rigide corti ed oggi si assiste allo spettacolo di sovrani i quali una volta vivevano quasi in un limbo irraggiungibile per il popolo, che si rivolgono ad esso ripetutamente attraverso il microfono. Può esistere, un cittadino che non conosca il volto del suo sovrano, ma è difficile trovarne uno che non ne conosca la voce.

Il nostro è il secolo del microfono. E cosa è il microfono se non il trionfo della parola nella sua forma più sublime poiché, come vedremo a suo tempo, il microfono è un severissimo selezionatore della parola.

Il microfono ha creato quella nuova coscienza nazionale, battezzata “coscienza collettiva”, che permette ai singoli, alle masse, di partecipare direttamente alla vita della nazione ed ha creato quel grande sviluppo di cultura e di conoscenze' che è vanto del secolo attuale.

Per dimostrare la grande importanza della parola, basterebbe scorrere la lista delle invenzioni di questi ultimi tempi. E ci si convincerebbe subito he quasi tutte sono state dedicate alla parola, la sua conservazione, alla sua diffusione. Dal telefono, al fonografo, all'incisione, alla radio, chi avrebbe potuto supporre, soltanto trent'anni or sono, che una parola potesse fare in una frazione di secondi il giro del globo e pervenire a tutte e orecchie di tutto il mondo?

Questa è la verità, amici lettori, alla quale non vi potete sottrarre. Per quanto siate un uomo di azione, se vi manca la parola vi potete considerare un “minorato”. Per imporvi nel mondo, è indispensabile che possediate anche delle eccezionali qualità di parlatore. Dovete sapere maneggiare a perfezione la delicata arma della parola per poter convincere, affascinare, dominare quella parte del vostro prossimo che dalle vicende dell'esistenza sarà attratta a vivere nella vostra orbita.

Basta che vi giriate intorno e diate uno sguardo a tutti gli uomini a cui ha arriso il successo e studiate le cause profonde di esso. Ford è un eccezionale parlatore espertissimo nell'arte di sollevare l'entusiasmo tra i suoi collaboratori. Rockfeller possedeva un'eloquenza sobria ma meravigliosamente efficace. Roosevelt è un appassionato oratore e un magnifico propagandista. Mussolini e Hitler — secondo le dichiarazioni di tecnici, quali il celebre tenore Gigli — posseggono delle voci eccezionali con tonalità magnifiche. Uno dei nostri uomini politici, riferendosi ad una grande personalità contemporanea ebbe ad esclamare: “Se i suoi polmoni si indebolissero, muterebbe la faccia del mondo”.

In Grecia ed a Roma, l'arte della parola era già oggetto di insegnamento teorico nonché di particolari corsi pratici. I giovinetti, nelle scuole di retorica, imparavano a dissertare con abilità, a conversare con finezza e ad arringare il popolo con un vero senso di eleganza. I maestri li addestravano alla pronunzia corretta, alla dizione armoniosa, a trattare gli argomenti in modo serrato e sintetico, a trovare le citazioni opportune e convincenti e le battute di spirito adatte, di effetto e tempestive. In seguito, nel tirocinio effettuato nell'“agorà” o nel “foro”, non facevano che a Minare e perfezionare la scienza e l'abilità conseguite. “Saper parlare” costituiva tanto per i romani quanto per i greci, la base autentica della cultura e la migliore arma per affrontare e vincere la vita. Tale concetto è sopravvissuto nel Medioevo quando abbiamo visto fiorire interessantissime scuole oratorie, ma poi è andato man mano trascurato per dedicare i giovani a cose “più pratiche” le quali senza un opportuno uso della parola, al collaudo con la realtà della vita, si dimostravano infine assolutamente poco pratiche.

I risultati lamentosi che si vedono oggi qui da noi in America — e credo anche nella quasi totalità del vecchio continente — dimostrano che i giovani escono dalle diverse università con tanto di aurea ma impacciati, timidi, gaffeurs, incapaci di sostenere una loro idea, di farla entrare nella realtà altrui anche se hanno l'intima convinzione che l'idea sia buona. Mi sapete dire come potrebbero fare nel mondo i medici senza una parola adeguata per convincere e consolare i clienti? Il medico, afferma il professor Start Michel, Cura prima con la parola e poi con le medicine. La realtà è che il mondo contemporaneo è pieni o di industriali che non sanno parlare dei loro affari, di commercianti che non riescono a convincere i clienti, di uomini politici che quando aprono la bocca fanno semplicemente pietà e fanno capire che sono stati democraticamente eletti a suon di dollari e di botti di vino, di diplomatici incapaci di sostenere una conversazione da salotto. Cosa rappresentano tutti costoro? Dei falliti, niente altro che dei falliti. Pesanti zavorre che non riusciranno mai ad aprirsi una strada.

Voi mi obbietterete che tuttavia molti di costoro riescono a fare una carriera. Può essere, ma è necessario che non dimentichiate che molto spesso costoro hanno al loro fianco una donna abile e intelligente. E sapete meglio di me quanto valore sappia dare la donna alla parola e con quale arte la sappia usare. La storia poi ci parlerà un giorno di tutte queste donne che sono state i motori per molti uomini di oggi e che noi, in altissima percentuale, ignoriamo candidamente.

Alcuni giovani, venuti da me per consiglio, non cessano di lamentarsi perché la situazione mondiale è oggi difficile. Le porte di quasi tutte le carriere sono chiuse malgrado la loro preparazione e la loro intelligenza. Tutto ciò, in parte potrebbe essere anche vero ma io ho l'impressione di aver sentito fare gli stessi discorsi da parte di mio padre il quale probabilmente li avrà sentiti fare da mio nonno. Ma in gran parte, tutto ciò è determinato dalla deficienza di preparazione nell'arte della parola. Tra due candidati, a pari merito, è naturale che riesca a conquistare un posto quello che è capace di conquistarlo meglio con la sua parlantina. Ed anche se quello che possiede più magistralmente il segreto oratorio, ha una minore preparazione tuttavia ha molte probabilità di riuscire trionfante nella competizione. Il contrario è difficilissimo che possa avverarsi. Il giovane che si presenta per sollecitare un impiego balbettando, incespicando nelle frasi, confondendosi potrà il novanta per cento delle volte risparmiarsi la fatica del passo che tenta. È un miracolo se riesce a farsi assumere. Ed in tal caso, giocano soltanto forze a lui estranee che riescono a cancellare la pessima impressione che fa. Raccomandazioni, parentela, interessi.

Invece se voi vorrete, potrete riuscire un abile e simpatico conversatore. Cosa che nella vita vi sarà di prima necessità: in quella sentimentale ed in quella degli affari. I buoni conversatori sono così rari che dovunque appaiano, suscitano immediatamente un'impressione di simpatia e di interesse. “Appena compare Clemenceau — scriveva Giorgio Lecomte — istantaneamente la conversazione si anima e il suo tono si innalza. Quante volte ho notato questo fatto! Nei corridoi del Senato e della Camera si trascina il solito chiacchierio banale ed accidioso, terra terra. Ecco arrivare Clemenceau dissimulando i suoi gravi pensieri sotto un'energica giovialità. Di colpo col suo magnetismo, col fluido vitale che emana la sua persona, scuote il torpore generale e costringe i presenti ad uscire dalla loro atonia. I volti si illuminano, i gesti diventano più vivaci. E subito cominciano ad incrociarsi idee ingegnose e brii-Muti battute. Comincia il fuoco d'artifizio e si accende la spiritosa allegria. Il suo fascino si è imposto. Attorno a Clemenceau nessuno può sentirsi triste e sfibrato. Gli stupidi lo sfuggono come il fuoco...”. Questo è l'effetto che l'abile conversatore produce nell'ambiente che frequenta. Disraeli, che è stato uno degli uomini più abili nell'arte della parola, soleva dire: “Per riuscire nel bel mondo, non bisogna riflettere mai ma stare invece continuamente all'erta per non perdere le buone occasioni e per non dire delle goffaggini. Parlate il più che potete con le donne: è il modo migliore di imparare a parlare facilmente in quanto con esse non avete necessità di badare a ciò che dite”.

Emanuele Kant, il celebre filosofo tedesco (1724-1804), era ricercatissimo e disputato in tutti i migliori salotti per la sua conversazione spiritosa e brillante su qualunque argomento cadesse a parlare, e soleva dire: «Mi sono fatto più seguaci per la mia conversazione che per la mia Critica della ragion pura”.

Tomaso Babington lord di Macaulay (1800- 1859) uno dei più noti storici ed uomini politici inglesi dell'Ottocento, era un infaticabile conversatore. Parlava con abbondanza e per tenere attratta l'attenzione degli ascoltatori infarciva suo dire di storielle. Cosa di cui vi parlerò a suo tempo e che non dovrete perdere di vista.

La signora di Maintenon (1635.1719), la bellissima favorita e poi sposa morganatica del re Sole, era una delle più simpatiche conversatrici del suo tempo e sapeva presentare e raccontare le cose così bene che tutti si incantavano ad ascoltarla. Una volta, quando era ancora la moglie del poeta comico Scarron, un domestico le si avvicinò durante il pranzo a cui erano convitati molti illustri personaggi e le sussurrò ad un orecchio: — Madama, mi raccomando, raccontate una bella storiella a questi signori, perché mi si è bruciato l'arrosto!

Giovanni Racine, il grande poeta tragico francese (1639-1699), teneva superlativamente all'arte della conversazione e sapeva che in essa era racchiuso uno dei segreti del successo. Ma raccomandava ai giovani: “II segreto consiste nel parlare a ciascuno di ciò che lo interessa e nel non annoiare il prossimo parlando dei fatti nostri”.

E per concludere, con queste citazioni di celebrità che conoscevano l'autentico valore sociale dell'arte del conversare, vi ricorderò un aforisma di Sterne, il grande umorista inglese (1713-1768): “La conversazione è un commercio. Se voi vi intervenite senza fondi, il commercio non può assolutamente aver luogo.».

Ed uno di Gionata Swift, il celebre autore dei Viaggi di Gulliver (1667-1745): “La conversazione è un capitale di cui ciascuno ha la sua parte come in ogni altro commercio che si fa in comune. Io perciò, rispettosissimo di questa regola, parlo appena [...]