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Der Band bietet eine Überarbeitung eines Teils der Beiträge, die im Rahmen der Sektion Fachdidaktik des XII. Kongresses des deutschen Italianistenverbands vom 10. bis 12. März 2022 an der Ludwig-Maximilians-Universität München abgehalten wurden. Das Thema Movimenti - Bewegungen wird im Hinblick auf das Lehren und Lernen der italienischen Sprache behandelt, wobei interessante Überlegungen und nützliche Anregungen zu Theorie und didaktischer Praxis angeboten werden. Unter den vielfältigen Perspektiven, die sich dabei herauskristallisiert haben, wird Bewegung u.a. als Zirkulation von Ideen, als Kombination von Ansätzen in mehrsprachigen Aufgaben, als Austausch in virtuellen Räumen, als literarische Reise sowie als intertextueller und interkultureller Weg verstanden, um grundlegende Inhalte im Zusammenhang mit der Geschichte, Kultur und Gesellschaft Italiens zu behandeln.
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Seitenzahl: 466
Veröffentlichungsjahr: 2025
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Domenica Elisa Cicala / Andrea Klinkner(Hrsg. / A cura di)
Akten der Fachdidaktischen Sektion des DeutschenItalianistentags 2022
Umschlagabbildung mit freundlicher Genehmigung von ILLUSTRELLA bildgestaltung | www.illustrella.de
Bibliografische Information der Deutschen NationalbibliothekDie Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über http://dnb.dnb.de abrufbar.
Gedruckt mit freundlicher Unterstützung der Katholischen Universität Eichstätt-Ingolstadt.
DOI: https://doi.org/10.24053/9783381130320
© 2025 · Narr Francke Attempto Verlag GmbH + Co. KG
Dischingerweg 5 · D-72070 Tübingen
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Internet: www.narr.de
eMail: [email protected]
Layout: Dr. Ursula Winter
ISSN 3052-1459
ISBN 978-3-381-13031-3 (Print)
ISBN 978-3-381-13033-7 (ePub)
DOMENICA ELISA CICALA
Introduzione. Movimenti nella didattica dell’italiano come lingua straniera
DONATELLA TRONCARELLI
Movimento e rinnovamento nella didattica dell’italiano L2
MARCO MEZZADRI
Linguistica educativa e neuroscienze: percorsi traslazionali
ROLAND ISSLER
Maschere della vita in movimento – neue Zugänge zu Pirandello. Ein Beitrag zur italienischen Literaturwissenschaft und Lyrikdidaktik
CHRISTOPH OLIVER MAYER
Immersiver Literaturunterricht als Spurensuche: Das Beispiel Massimo Zamboni
FAUSTO DE MICHELE
Apprendimento collaborativo della letteratura nell’era della surmodernità
ANNA CASTELLI
Mossa d’anticipo. Testi letterari e la dinamica lettura-comprensione-produzione scritta
EVA M. HIRZINGER-UNTERRAINER
Das Potential von tasks für einen mehrsprachigkeitssensiblen Italienischunterricht
TATIANA BISANTI
Road movie all’italiana. Padri e figli on the road
MARÍA BELÉN HERNÁNDEZ GONZÁLEZ
I road movie nell’aula di cultura italiana come LS
DAGMAR REICHARDT
Die Geburtsstunde der «Italophonie»: Zur Nutzung fremdsprachendidaktischer Transkulturalitätsparameter im Italienischunterricht als Zweit-, Dritt- und Fremdsprache
VITTORIO PRADA
Strategien zum Gewinn der Wählerstimmen in Italien. Populistische Rhetorik im neuen Millennium
MELINDA VEGGIAN
#VisitiamociOnline: ein Praxisbeispiel zur Förderung authentischer Kommunikation im Italienischunterricht über die Plattform eTwinning
ANDREA KLINKNER
Nachwort
Domenica Elisa Cicala(Katholische Universität Eichstätt-Ingolstadt)
Il presente volume raccoglie la rielaborazione di parte degli interventi tenuti nell’ambito della sezione di didattica del XII Convegno dell’Associazione Germanofona degli Italianisti, tenutosi presso l’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera dal 10 al 12 marzo 2022. Previsto per il 2020, ma posticipato di due anni a causa del diffondersi del coronavirus, con l’auspicio di un ritorno alla normalità il congresso si è svolto in presenza, garantendo mediante una modalità ibrida la partecipazione da remoto a quanti erano impossibilitati a spostarsi fisicamente. Dopo l’esperienza della pandemia da Covid-19 – segnata da chiusure, confinamenti e immobilità – la trattazione del tema Movimenti/Bewegungen si è arricchita di nuove prospettive, includendo aspetti legati a esperienze formative e professionali fatte dai singoli negli anni precedenti e, in particolare, durante i periodi di lockdown, contraddistinti dalla necessità di muoversi in spazi virtuali, navigare in rete, far circolare idee su piattaforme digitali. Circostanza privilegiata di confronto e discussione, i lavori della sezione hanno consentito un proficuo scambio di opinioni su un ampio ventaglio di sfaccettature connesse all’idea di movimento. Se, infatti, si prende in esame l’argomento in relazione all’insegnamento e all’apprendimento dell’italiano, variegati e complementari risultano gli ambiti tematici suscettibili di riflessione e approfondimento. Tra gli input forniti in modo schematico nel call for papers come possibile spunto di indagine si richiamano i seguenti, qui esposti in maniera più approfondita.
In primo luogo, il concetto di movimento può essere associato alla diffusione di concezioni e tendenze metodologiche nell’insegnamento della lingua italiana, influenzato – non solo oggi in rapporto a costanti processi di transizione tecnologica e digitalizzazione – dal progresso dei mezzi di comunicazione. Nel tracciare alcune linee di evoluzione nella storia della moderna glottodidattica, fra le altre, è all’immagine del movimento del pendolo che si è fatto ricorso per visualizzare lo sviluppo di correnti di pensiero e modelli didattici, i cui influssi si possono rintracciare in diversi momenti nel corso del tempo. Come specificano DIADORI/VIGNOZZI (2011: 35–36) – rifacendosi a un diagramma, proposto da Marianne Celce-Murcia nella relazione Language Teaching Methods from the Ancient Greeks to Gattegno tenuta alla TESOL Convention nel 1978, ripreso e adattato da BALBONI (1985: 36) – all’oscillazione pendolare, che prevede l’alternarsi di fasi di analisi della lingua a fasi di uso della stessa, si aggiunge un movimento di avanzamento glottodidattico, per cui nel ripercorrere posizioni antecedenti ci si muove su un piano più elevato, in cui sono tangibili tracce lasciate dai singoli momenti sui successivi. In un’interpretazione non rigida del movimento del pendolo è possibile affermare che, legato al cambiamento di approcci e metodi, fra innovazione e ripresa della tradizione, l’insegnamento di una lingua straniera è stato e continua a essere influenzato dal diffondersi di teorie linguistiche e modelli glottodidattici che, nell’ottica di un miglioramento, prevedono una sorta di spostamento in avanti con variazioni che presuppongono il percorso compiuto. Così, ad esempio, le novità dell’approccio comunicativo degli anni Settanta del secolo scorso vanno ricollegate ai metodi situazionale e nozionale-funzionale precedenti, di cui riprendono l’uso della lingua in situazioni comunicative legate alla vita quotidiana (cfr. BALBONI 2012: 28–34; BOSISIO 2014: 208).
Il movimento, reso simbolicamente da tre frecce che collegano i vertici del cosiddetto «triangolo didattico», caratterizza lo spazio di azione didattica, in cui i tre fulcri rappresentati da discente, docente e lingua entrano in contatto e interagiscono (tra gli altri, cfr. BALBONI 2008: 12), mentre attorno a questi tre poli costitutivi ruotano bisogni, mete formative, obiettivi didattici. A partire dall’interrelazione tra l’io e il mondo, fra i vari approcci, quello umanistico-affettivo prevede un apprendimento che pone al centro dell’attività didattica il soggetto nella sua interezza, nella misura in cui coinvolge la sua dimensione cognitiva, affettiva e motivazionale, implicando l’attivazione delle sue preconoscenze, senza trascurare, in una visione olistica (cfr. BOSISIO 2005), le sue esperienze, i suoi interessi personali, nonché le sue emozioni e reazioni.
Strettamente legato al piano cognitivo, il movimento come spostamento fisico dell’individuo nello spazio didattico può costituire un efficace mezzo per l’apprendimento linguistico. Anche sulla scia del metodo sviluppato a partire dagli anni Sessanta e Settanta da James J. Asher (cfr. ASHER 1972) e noto come Total Physical Response (TPR) ovvero «Risposta Fisica Totale», nell’acquisizione di una lingua straniera risultano da evidenziare i vantaggi dell’apprendimento attraverso il movimento (fra gli altri, cfr. GLAS 2019: 207–209). Grazie all’integrazione tra stimolo linguistico e movimento fisico, tra parola e gesto, si attiva una stretta combinazione tra processi cognitivi e risposta psicomotoria, finalizzata all’esecuzione di istruzioni verbali, per lo svolgimento di attività che prevedono la necessità di muoversi in classe ovvero l’inserimento di movimenti giocosi che possono contribuire a facilitare l’apprendimento (cfr. VISCIOLA 1998). A tal proposito, non trascurabili si rivelano le riflessioni didattiche legate alla progettazione degli ambienti destinati all’apprendimento delle lingue straniere, trattandosi spesso di spazi che, organizzati in modo rigido e statico, di fatto finiscono per vincolare la mobilità e le attività dei gruppi di lavoro (cfr. LIMONE 2012; MAUGERI 2015, 2017).
Da un punto di vista metodologico occorre altresì ribadire le potenzialità di forme ludiche, come l’impiego di piste cifrate o labirinti (cfr. MOLLICA 2010: 65–72, 163–170), giochi di ruolo, simulazioni e drammatizzazioni che stimolano un coinvolgimento multisensoriale e promuovono l’espressività. In particolare, apprendere una lingua mediante esperienze teatrali consente di attivare aspetti emotivi e relazionali, migliorare la pronuncia e l’intonazione, conoscere e usare codici verbali e non verbali (cfr. GILARDI/ROHRBACH/SAUTER 2005: 207–225). In generale, nella lezione di lingua straniera, il gesto come atto comunicativo assume un valore straordinario, da conoscere e interpretare nella maniera opportuna, anche tenendo conto di possibili differenze interculturali per evitare fraintendimenti e cultural incidents. Nella classe di italiano appare, perciò, indispensabile approfondire, fra le altre, le dimensioni cinesica e prossemica, analizzando i diversi significati da attribuire a mimica e gestualità, nell’ottica di un’educazione integrale alla lingua e alla componente non verbale (cfr. CAON 2010; NOBILI 2019).
Se scelto come argomento della lezione di italiano, il tema «movimenti» permette di affrontare da una prospettiva inter- e transculturale interessanti tematiche legate alla storia, alla cultura e alla società dell’Italia, meta di viaggi e luogo di vacanze, terra di emigrazione e immigrazione, da inserire nel «movimentato quadro europeo» (REICHARDT/MOLL 2018: 13). A livello curriculare svariate possono essere le indicazioni in merito alle ondate migratorie che in passato hanno coinvolto e ai nostri giorni continuano a interessare il Mediterraneo e le varie regioni italiane. A titolo esemplificativo: nelle linee guida ministeriali previste sia in Baviera sia nella Renania-Palatinato per l’italiano studiato come terza lingua straniera, tra gli ambiti tematici indicati per lo sviluppo delle competenze comunicative viene espressamente elencato il tema dei flussi migratori dall’Italia, verso l’Italia o all’interno delle varie regioni italiane sia nel XIX secolo sia nella società attuale; oltre alle motivazioni e alle conseguenze dei fenomeni migratori, si menziona il ruolo dell’Italia come Paese meta ovvero come terra di transito1.
Uno strumento privilegiato per accostarsi alla realtà socio-culturale del Belpaese costituisce senz’altro il cinema italiano che, in una successione di immagini in movimento in cui si intrecciano parole e gesti, suoni e silenzi, musiche e rumori, si propone di raccontare storie, ma anche di intrattenere e divertire. Attraverso il cinema si può favorire in maniera oculata il dialogo interculturale, in un processo dinamico aperto a incontri e nuovi sviluppi all’insegna di pluralità e inclusione (cfr. DIADORI/MICHELI 2010; VEDOVELLI 2017: 5–32; CARPICECI 2020). Riguardo al tema del movimento nello spazio sia esterno sia interiore, un angolo di osservazione specifico è contenuto nei film che fanno del viaggio on the road il cardine tematico attorno a cui ruota la trama e la caratterizzazione dei personaggi. Inoltre, l’uso didattico di brani musicali permette di sfruttare il connubio tra ritmo e testo, consentendone la combinazione anche con le immagini dei videoclip; per quanto concerne l’impiego di canzoni nella lezione di lingua straniera ai vantaggi motivazionali vanno accostati quelli neurolinguistici, per cui la musica – grazie alla suddivisione del tempo e alla successione delle battute – può favorire la stabilizzazione dell’informazione in memoria e agevolare, mediante la ripetizione, la produzione linguistica (cfr. FALKENHAGEN/VOLKMANN 2019; CICALA 2020: 217–223).
Contrario di immobilità e stasi, il movimento come scansione nell’ordine di introduzione di contenuti grammaticali, morfologico-sintattici e lessicali contraddistingue l’azione didattica, alla luce di quadri di riferimento, programmi ministeriali, livelli di competenza, obiettivi linguistici e comunicativi da perseguire e raggiungere. Nello specifico, se si prendono in considerazione i libri di testo usati a lezione, mentre da una parte la ripetizione si può riscontrare a proposito di determinati argomenti grammaticali, talora suddivisi e riproposti in apposite pagine di ripasso e riepilogo, dall’altra parte la progressione è ravvisabile non solo in merito alla trattazione di argomenti di cultura e civiltà, ma anche circa le tipologie testuali proposte. In un crescendo nel grado di difficoltà, in quella che può essere definita «progressione verso l’alto», l’apprendimento linguistico prevede delle tappe legate a descrittori dei livelli di competenza, a linee guida e repertori che per l’insegnante fungono da orientamento e da parametri di riferimento per la programmazione dell’attività didattica e per «andare avanti» procedendo con la spiegazione dei singoli argomenti. Nel caso di mancanza di progressione nell’apprendimento della lingua meta si parla, invece, di stabilizzazione dell’interlingua che dà luogo a processi di fossilizzazione (cfr. CILIBERTI 2012: 29, 266). Va detto, infine, che nella pianificazione di curricula che rispecchiano un approccio orientato all’azione, a imporsi è una progressione non lineare di nozioni e strutture linguistiche, bensì organizzata attorno ai bisogni comunicativi del discente2, in un orientamento alla vita reale e allo svolgimento di compiti di realtà (cfr. CONSIGLIO D’EUROPA 2002: 11–13; CONSIGLIO D’EUROPA 2020: 23).
Restringendo il campo di ricerca, nel lessico d’uso frequente con cui ogni apprendente non madrelingua è chiamato a confrontarsi sin dai primi contatti con l’italiano rientrano i cosiddetti «verbi di moto o movimento», che esprimono il cambiamento di posizione di una persona, un animale o una cosa da un punto a un altro nello spazio o nel tempo. Fra i più importanti, «andare» e «venire» si integrano da un punto di vista semantico nella specificazione della direzione, nel senso che il primo verbo significa recarsi verso un luogo o presso qualcuno, mentre il secondo verbo esprime l’atto del muoversi verso la persona che parla o con cui si parla. Per chi studia la lingua italiana un discorso alquanto complesso può essere costituito dall’uso della preposizione adatta – tra cui, nel caso in questione, a, in, da, per – in relazione al complemento di moto. Un’indagine concernente le metodologie didattiche impiegate nelle grammatiche in uso nell’insegnamento dell’italiano L2/LS induce a interrogarsi sul ruolo da attribuire a modalità deduttive o induttive, nonché a strategie utili e proficue per facilitarne l’acquisizione (tra i molti, cfr. ANDORNO 2008; PALERMO 2015: 175–183; SERENA 2018).
Per dare una panoramica delle tematiche oggetto dei dodici saggi pubblicati in questo libro e che, come anticipato, ampliano le relazioni presentate in sede di convegno, si schizzano di seguito i contenuti dei singoli contributi, facendo risaltare in una sorta di filo rosso varie accezioni del termine «movimento» e diverse possibilità di declinazione del concetto applicato alla didattica dell’italiano come L2/LS.
Movimento come circolazione di idee
Inteso come atto del muovere o del muoversi, il movimento è sinonimo di spostamento e, come detto, può riferirsi non solo a persone, ma anche a correnti di pensiero e metodologie sviluppate e applicate nel corso del tempo. In tal senso, il saggio di Donatella TRONCARELLI inquadra il concetto di movimento come moto propulsore alla base della circolazione di idee che portano all’evoluzione della didattica della lingua italiana rivolta a un pubblico straniero. Nel ricostruire alcune delle principali fasi dello sviluppo storico dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, l’autrice ripercorre a grandi linee le maggiori trasformazioni che interessano sia il piano istituzionale – dall’attività della cattedra di Toscana favella, istituita nel 1588–1589 a Siena da parte del Granduca Ferdinando I de’ Medici e chiusa nel 1743, alla Scuola di lingua e cultura italiana inaugurata a Siena nel 1917, ai corsi di Cultura Superiore offerti a Perugia dal 1921 e poi inclusi nell’offerta formativa della Regia Università Italiana per Stranieri, ivi istituita nel 1926 – sia il punto di vista socio-culturale. A riguardo, si fa cenno, ad esempio, prima allo studio dell’italiano da parte di stranieri che nell’ambito del Grand tour giungevano in Italia, poi ai vari movimenti migratori verso l’estero ovvero verso l’Italia, per giungere a considerare la mobilità internazionale degli studenti a partire dall’avvio del Programma Erasmus nel 1987 e infine concludere con accenni alla didattica online e al movimento nello spazio della rete. Emerge, dunque, come il rinnovamento nella didattica dell’italiano sia intrinsecamente connesso con dinamiche di spostamento che apportano stimoli determinanti in termini di arricchimento culturale e innovazione metodologica.
Movimento come avvicinamento tra due ambiti disciplinari
All’interazione tra la linguistica educativa e la branca delle neuroscienze che si occupa della natura incarnata (embodied) del linguaggio è dedicato il saggio di Marco MEZZADRI. Illustrando la complessità del rapporto tra i due settori, l’autore si interroga sulla costruzione di sinergie per avviare nuove interazioni interdisciplinari. Nel tracciare le coordinate di riferimento teorico entro cui poter collocare l’accostamento della glottodidattica alla ricerca neuroscientifica, si sofferma su alcuni punti di incontro, come quelli concernenti le strategie di apprendimento e le scelte metodologiche da effettuare sulla base dei dati sul funzionamento del cervello umano. Le dinamiche che spingono i due ambiti scientifici a entrare in contatto, inducendo la linguistica educativa ad approfondire le modalità di acquisizione di una lingua e le eventuali ricadute in ambito didattico, conducono a ribadire l’importanza di adottare nella glottodidattica una prospettiva aperta a stimoli transdisciplinari che possano dare un contributo adeguato alle esigenze pratiche concernenti i processi di apprendimento e insegnamento di una lingua. Tratteggiando le implicazioni procedurali della Teoria dell’embodiment nell’insegnamento di una lingua straniera, il contributo sottolinea come elemento centrale il ruolo dell’esperienza sensoriale e motoria dell’apprendente, nella convinzione che l’approccio incarnato alla lingua possa continuare a fornire evidenze empiriche da tradurre in nuove pratiche didattiche.
Movimento come iter intertestuale
A schizzare possibili tappe di un percorso nella produzione lirica di Luigi Pirandello è il contributo di Roland ISSLER che, a partire dalla constatazione di come l’agrigentino sia conosciuto in primis per le sue opere teatrali e narrative, evidenzia il potenziale didattico, il valore comunicativo e l’apporto formativo riscontrabile nei versi selezionati. In particolare, nel saggio si riflette sul significato del genere poetico per Pirandello, i cui versi possono essere letti non solo come sintesi che anticipa aspetti tematici che ricorrono nella sua produzione successiva, ma anche come ampliamento e complemento che accompagna l’attività letteraria dello scrittore. Pur non tacendo la complessità dei testi pirandelliani, l’autore accenna all’opportunità di un uso didattico di testi poetici finalizzati alla produzione scritta, all’approfondimento di carattere storico e interculturale, al confronto con proprie esperienze personali, legate, ad esempio, a rapporti interpersonali oppure alla rappresentazione di sé. Le diverse sfaccettature dell’io che nel corso dell’esistenza assume maschere poliedriche, divenendo nessuno e, al tempo stesso, centomila, possono fungere da input formativo e spunto di riflessione per contribuire allo sviluppo della personalità dell’apprendente.
Movimento come viaggio letterario ed esperienza immersiva in un luogo
Che la letteratura di per sé consenta di intraprendere viaggi in spazi altri ed entrare in contatto con atmosfere suggestive è, per così dire, la premessa del saggio di Christoph Oliver MAYER. A riprova di come l’insegnamento immersivo della letteratura comporti una dimensione spaziale e includa un bagaglio di memoria culturale collettiva che può fornire un valido apporto allo studio della storia letteraria, in maniera esemplificativa, si indaga la fattibilità di identificare ambienti reali, ricostruire ovvero decostruire posti storici, andando alla ricerca di tracce letterarie nei luoghi descritti nel romanzo Nessuna voce dentro. Un’estate a Berlino Ovest, scritto da Massimo ZAMBONI e uscito a Torino presso Einaudi nel 2017. Le esperienze vissute dallo scrittore a Berlino, i suoi spostamenti per le strade della città, i monumenti visitati, i locali frequentati e i panorami osservati agli inizi degli anni ’80 sembrano riversarsi sulla pagina, così che la narrazione risulta intrisa di componenti topografiche e toponimiche riconoscibili e legate alla parabola biografica dell’autore. Un ulteriore elemento a cui si fa riferimento nel saggio è la componente musicale, mediante rinvii alla musica popolare, pop e rock che nel romanzo rimandano ai racconti di viaggio e ai romanzi di Pier Vittorio Tondelli. Accostarsi all’opera letteraria tramite immagini che visualizzano i luoghi (siano esse foto d’archivio oppure vedute reali da Google Street View) permette una localizzazione spaziale che può suscitare interesse e facilitare la comprensione del testo letterario.
Movimento come passaggio dalla superficie alla profondità dei contenuti
Un taglio empirico caratterizza il contributo di Fausto DE MICHELE che riassume alcuni momenti di esperienze didattiche condotte nell’ambito di due seminari universitari, uno dedicato alla traduzione letteraria per studenti di Lingue e Letterature romanze dell’università di Graz e l’altro riguardante le rappresentazioni del diavolo in diversi contesti della cultura occidentale, rivolto a studenti di Comparatistica dell’università di Vienna. Ragionando sull’efficacia di metodi utilizzabili a lezione oggi, in quella che con AUGÉ (2009) viene definita l’era della surmodernità, l’articolo si concentra sui vantaggi riscontrati in aula grazie alla messa in pratica del metodo cooperativo e del metodo collaborativo. Oltre che in termini motivazionali, la validità dell’esperienza condivisa viene riconosciuta sia da parte degli apprendenti sia da quella del docente non solo nell’acquisizione di un ampio bagaglio di conoscenze e di consapevolezza, ma anche nel tentativo di confrontarsi con il testo letterario, passando da un contatto veloce e superficiale a un’analisi accurata che, con il supporto di attività di scaffolding, possa condurre a una dettagliata comprensione testuale, richiedendo di scendere in profondità.
Movimento come spostamento di una fase dell’unità di lavoro
Mediante un’azione di scomposizione e ricomposizione delle fasi di lavoro con un testo letterario, Anna CASTELLI articola l’argomentazione del suo contributo attorno all’idea di movimento come mossa d’anticipo che sposta in avanti la guida alla comprensione del testo. Scardinata la scansione tradizionale che nei manuali di italiano a stranieri, dopo la presentazione del testo e la guida alla comprensione, prevede un’attività di analisi che sfocia nella produzione scritta, l’unità qui illustrata prevede l’anticipazione di un’attività linguistica preparatoria sul lessico. A essa segue lo svolgimento di un’attività di produzione scritta, prima di iniziare a lavorare con il testo letterario, a cui succede l’ultima fase del confronto come momento di comprensione e riflessione sui procedimenti creativi messi in atto. La proposta, realizzata a partire da un brano del romanzo Storia della bambina perduta, pubblicato a Roma da Elena FERRANTE nel 2014, messa in pratica in corsi di livello C1, è accompagnata dalle attività svolte e da estratti del feedback degli studenti in merito a una selezione di aspetti dell’apprendimento letterario sviluppati da Kaspar H. SPINNER (2006).
Movimento come incontro e combinazione di approcci in tasks plurilingue
A proporre un’integrazione tra l’approccio plurilingue e la didattica per task ovvero l’insegnamento dell’italiano come lingua straniera tramite tasks plurilingue è il contributo di Eva M. HIRZINGER-UNTERRAINER. Con il proposito di contribuire a colmare una lacuna che si lascia riscontrare tanto nell’ambito degli studi scientifici sull’argomento quanto in libri di testo, l’indagine focalizza l’attenzione in prima linea su varie applicazioni pratiche della didattica plurilingue in contesti germanofoni, per sottolineare i fattori – tra cui, secondo il modello di HUFEISEN (2020), quelli neurofisiologici, emotivi e cognitivi, come anche quelli legati all’apprendimento linguistico, ovvero la consapevolezza (meta)linguistica e le strategie d’apprendimento – che possono esercitare influenza sul processo di acquisizione di una prima o di una seconda lingua straniera. Nella parte finale del saggio, mediante la proposta di un esempio di tasks plurilingue per il livello A1, si applica la struttura del task cycle di WILLIS/WILLIS (2012), prevedendo una fase prima e una dopo il task, e si fornisce uno spunto concreto per riflettere sulle potenzialità di compiti che richiedono l’utilizzo di più lingue nella lezione di italiano come lingua straniera con l’obiettivo di ampliare il repertorio multilingue e multiculturale dei discenti.
Movimento come itinerario di crescita in film on the road
Delineando le caratteristiche riconoscibili e distintive dei film che rientrano nel genere ibrido e trasversale del road movie, il saggio di Tatiana BISANTI verte non solo sul significato della strada, protagonista principale che diviene simbolo sia di pericolo che di libertà, ma anche sulla rilevante dimensione del movimento sia esteriore che interiore, per puntualizzare alcune delle costanti tematiche e stilistiche ravvisabili nel genere, nonostante la sua intrinseca dinamicità. Nel sintetizzare percorsi didattici realizzabili nella lezione di italiano L2/LS, l’autrice elenca proposte concernenti un corpus cinematografico di riferimento, indicato in relazione a diversi macrogruppi in cui possono essere inserite varie declinazioni del road movie all’italiana. Tra i filoni menzionati, possono essere messi in rilievo quello in cui le pellicole trattano il tema della migrazione e dell’incontro interculturale, nelle quali il viaggio è spesso una fuga dettata da necessità e costrizione, ovvero il filone di film in cui il viaggio sulla strada offre un’opportunità di crescita e formazione dei protagonisti alle prese con conflitti interpersonali, familiari e intergenerazionali, soprattutto tra padre e figlio. Concentrandosi sulla trama di una selezione di sei road movies, il contributo fa emergere l’evoluzione ravvisabile nei ruoli e stereotipi di genere nella società italiana che trovano un rispecchiamento sullo schermo cinematografico. L’articolo mostra, pertanto, come il viaggio possa essere letto come metafora di ribellione e trasgressione, ma anche come apertura all’incontro e occasione di inclusione, in una strada che si fa sinonimo di spazio sospeso.
Movimento come successione di immagini cinematografiche in road movies
Ad approfondire il potenziale didattico di una selezione di film che hanno la strada come uno dei luoghi di ambientazione è anche il saggio di María Belén HERNÁNDEZ GONZÁLEZ. Nella sintesi dei contenuti e obiettivi didattici perseguiti nell’ambito di un corso tenuto all’università di Murcia e dedicato alla cultura e alla società italiana, l’autrice commenta in maniera esemplificativa delle proposte concrete di attività svolte in aula a partire dai film Il sorpasso (1962), Basilicata coast to coast (2010) e La pazza gioia (2016), e dimostra come il cinema, intrinsecamente legato al concetto di movimento, possa essere integrato nella didattica dell’italiano a stranieri e, in quanto documento autentico, essere usato come strumento per potenziare competenze interculturali. Nel privilegiare la componente pratica, nel contributo si forniscono informazioni tecniche, contenutistiche e metodologiche utili all’uso di sequenze filmiche tratte dalle tre pellicole e si spiega come le scene selezionate consentano in modo efficace di tematizzare la dinamicità della società italiana alle prese con sfide e problematiche di diverso genere, prendendo le mosse dal viaggio reale e interiore di personaggi alla ricerca di risposte esistenziali.
Movimento come espressione culturale alla base del concetto di «italofonia»
Il carattere imprescindibile di discorsi transculturali nella didattica dell’italiano come lingua straniera, lingua seconda o lingua terza è ribadito nel saggio di Dagmar REICHARDT. Oltre ad auspicare l’istituzione di un’organizzazione che – sulla scia di quelle che riguardano, ad esempio, il mondo anglofono, francofono o ispanofono, ovvero il Commonwealth of Nation, il progetto OIF, ossia Organisation internationale de la Francophonie, oppure l’organizzazione internazionale OEI, Organización de Estados Iberoamericanos – l’autrice propone di porre al centro di una prospettiva transculturale l’italofonia ovvero l’Italia intesa nei suoi legami culturali e sociologici sul piano internazionale. Interrogandosi sul tipo di cultura di cui l’attuale società globalizzata ha bisogno, il contributo contiene una visione panoramica di una selezione di pubblicazioni, uscite negli ultimi due decenni e relative alla didattica dell’italiano in ottica transculturale, e illustra dei percorsi con cui affrontare a vari livelli di competenza linguistica molte tematiche transculturali. Tra queste, ad esempio, la Sicilia come crocevia di culture oppure la questione migratoria in ottica postcoloniale. Interpretata come parametro essenziale che in chiave postmoderna coinvolge non solo la dimensione linguistica, ma anche quella sociale pedagogica e psicologica identitaria, la prospettiva transculturale permette di integrare argomenti interdisciplinari, vagliandoli con un taglio trans-mediale, anche in considerazione della composizione ibrida ed eterogenea delle classi di apprendenti.
Movimento come cambiamento nelle strategie linguistiche della politica
Il movimento immaginato come probabile spostamento di voti alla vigilia di elezioni politiche grazie a strategie retoriche populiste è oggetto dell’indagine di Vittorio PRADA. Nel ripercorrere la storia della Repubblica Italiana dal 1994, anno della discesa in campo di Silvio Berlusconi, fino ai giorni nostri, l’articolo esamina selezionate scelte linguistiche, compiute da parte dei leader dei maggiori partiti politici italiani – dal fondatore di Forza Italia, a Matteo Renzi, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni – per ipotizzare un’evoluzione all’interno del cosiddetto «gentese», usato tanto in discorsi ufficiali quanto in messaggi sui social media. Il cambiamento del linguaggio accompagna i mutati paradigmi di riferimento: si passa così dall’immagine di ostentata superiorità dell’uomo politico a quella di una sorta di rispecchiamento dell’uomo comune, con auspicate potenzialità di identificazione, per giungere a un più spiccato carattere di personalizzazione con la prima donna in Italia nella funzione di Presidente del Consiglio. Il contributo si conclude con la disamina di alcuni spunti di attività didattiche svolte durante un seminario universitario dedicato alla cultura e alla società del Belpaese. Le considerazioni esposte confermano come la lingua, in quanto organismo vivo, sia sottoposta a un costante processo di trasformazione.
Movimento come scambio in spazi virtuali
Un uso competente e responsabile di strumenti digitali integrati nella lezione di italiano come lingua straniera è il tema centrale messo a fuoco nel testo di Melinda VEGGIAN. Senza trascurare la complessità del discorso relativo allo sviluppo di competenze tramite l’e-learning, si evidenziano i risultati e le conseguenze di un utilizzo della piattaforma eTwinning per la realizzazione del progetto #Visitiamoci online, effettuato nel 2021/22, durato sei settimane e basato sulla cooperazione tra una classe di italiano di un liceo tedesco e una classe di tedesco di un liceo italiano. Inserito nell’ambito tematico dedicato alla descrizione della propria città, il progetto è stato finalizzato alla creazione di un prodotto bilingue e digitale, come un breve filmato oppure una presentazione con parti video e contributi audio, poi caricati online. Anche in considerazione del feedback dei discenti, il resoconto si sofferma sul carattere di sostenibilità delle strategie digitali e su vari elementi significativi, tra cui l’autenticità della comunicazione in contesti di contatto virtuale in modalità sincrona e asincrona, le tipologie di compiti 2.0 da proporre e la necessità di prevedere adeguati criteri di valutazione, il ruolo del docente come moderatore e accompagnatore che garantisce sostegno tecnico e organizzativo, nonché l’indicazione di software di traduzione automatica e l’eventuale ricorso all’inglese come lingua franca.
La qualità scientifica e la varietà tematica dei contributi qui raccolti dimostrano come da un punto di vista glottodidattico il tema Movimenti/Bewegungen consenta molteplici chiavi di lettura e suggerisca una serie di interessanti associazioni che possono stimolare l’approfondimento riguardo a numerosi aspetti rilevanti legati all’insegnamento e all’apprendimento della lingua italiana.
ANDORNO, Cecilia (2008): «Insegnare e imparare l’italiano L2: quale grammatica?». In: GRASSI, Roberta/BOZZONE COSTA, Rossella/GHEZZI, Chiara (a cura di): Dagli studi sulle sequenze di acquisizione alla classe di italiano L2. Perugia: Guerra, 123–142.
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https://fremdsprachen.bildung-rp.de/fileadmin/user_upload/fremdsprachen.bildungdung-rp.de/Broschuere_Lehrplan_italienisch_DIN_A4_korrigiertSchluss.pdf (ultimo accesso: 11/11/2023).
https://www.lehrplanplus.bayern.de/fachlehrplan/gymnasium/13/italienisch/erhoeht (ultimo accesso: 11/11/2023).
1Cfr. https://www.lehrplanplus.bayern.de/fachlehrplan/gymnasium/13/italienisch/erhoeht (ultimo accesso: 11/11/2023): «Italien als Ziel- und Transitland». Cfr. https://fremdsprachen.bildung-rp.de/fileadmin/user_upload/fremdsprachen.bildung-rp.de/Broschuere_Lehrplan_italienisch_DIN_A4_korrigiertSchluss.pdf (ultimo accesso: 11/11/2023): «Italien als Einwanderungsland».
2Per agevolare la lettura in questa sede e nei saggi in lingua italiana qui pubblicati si predilige l’uso del maschile sovraesteso.
Donatella Troncarelli(Università per Stranieri di Siena)
1Il viaggio in Italia e lo studio dell’italiano dei ceti colti d’Europa tra il 1500 e il 1800
Non è semplice stabilire una data di nascita per la didattica dell’italiano. Seguendo il suggerimento di Vedovelli, si può far risalire l’inizio dell’insegnamento dell’italiano L2 al momento in cui cominciano a circolare materiali didattici che «strutturano il rapporto tra apprendente e maestro» (VEDOVELLI 2002: 40), come le prime grammatiche per stranieri.
Nell’era moderna, con l’affermazione della dignità dei volgari nazionali rispetto alle lingue classiche, si registrano le prime codificazioni grammaticali che consentono di elaborare grammatiche dell’italiano rivolte a un pubblico non nativo. Generalmente realizzati da insegnanti, questi materiali vanno ad affiancare «glossari e manuali per la conversazione, finalizzati a necessità comunicative pratiche e destinati essenzialmente a mercanti e pellegrini» (PALERMO/POGGIOGALLI 2010: 9) già in uso dal Medioevo. Tra le grammatiche cinquecentesche che hanno conosciuto una maggiore fortuna possiamo ricordare i Fondamenti del parlar toscano di Rinaldo Corso (1549), Regole della lingua fiorentina di Pierfrancesco Giambullari (1552), la grammatica De italica pronunciatione et ortographia libellus del medico gallese David Ryhs1. Pubblicata a Padova nel 1569, quest’ultima opera illustra i suoni e la grafia dell’italiano in un’ottica comparativa, avvalendosi del confronto con il latino e con altre lingue europee. Ryhs ricorre inoltre alle proprie conoscenze anatomiche per descrivere le caratteristiche articolatorie dei suoni.
In questa prima fase della didattica dell’italiano a stranieri, resa possibile dall’impiego di materiali come le grammatiche appena ricordate, è il rapporto privatistico tra maestro di lingua e allievo la forma più consueta di insegnamento. Verso la fine del 1500, a questa modalità formativa si aggiunge l’insegnamento istituzionale dell’italiano a stranieri con l’apertura a Siena nel 1588–1589 di una cattedra di Toscana favella da parte del Granduca Ferdinando I de’ Medici. Si tratta di un atto di politica linguistica attuato in risposta al bisogno di apprendimento dell’italiano sollecitato dal movimento che stava portando ormai da un ventennio studenti stranieri in Toscana (MARASCHIO 2019). La scelta di istituire la cattedra a Siena si deve alla consistente presenza nell’ateneo cittadino di studenti tedeschi (CARUSO 2009, CIALDINI 2016), ma anche al dibattito sulla questione della lingua a cui la scuola senese aveva preso parte2. Lo studio superiore della lingua toscana appare dunque come un’occasione ulteriore per riflettere su questioni linguistiche, come documentano orazioni, lezioni e grammatiche prodotte per la cattedra (MARASCHIO 2019). L’insegnamento a un pubblico straniero colto, interessato allo studio dell’italiano anche per utilizzarlo nelle interazioni quotidiane, promuove la ricerca di strumenti didattici adatti e favorisce la sperimentazione di nuove metodologie di formazione, sebbene l’approccio utilizzato per l’insegnamento rimanga quello formalistico, centrato sulla conoscenza grammaticale, affiancata da esercizi di traduzione. Tra i materiali didattici realizzati per questo contesto di apprendimento si ricordano la grammatica di Girolamo Buoninsegni (1618) e quella di Giulio Piccolomini, lettore alla cattedra dal 1627 al 1648. Questi e altri strumenti, pur avendo come riferimento la tradizione colta, prendono anche in considerazione e valorizzano gli usi della lingua parlata, mirando alla spendibilità degli apprendimenti nella vita quotidiana (VEDOVELLI 2002).
La cattedra di Toscana favella viene chiusa nel 1743, ma nel frattempo aveva preso piede il Grand tour che dal XVII sec. portava in Italia giovani dell’aristocrazia europea per completare la propria formazione culturale. Si tratta di un pubblico che, come quello dei secoli precedenti, è spinto da motivazioni prevalentemente intellettuali e colte a imparare l’italiano e a compiere il viaggio nel bel Paese. In questo secolo comunque anche uomini d’affari e commercianti compaiono come destinatari dei materiali elaborati per l’insegnamento dell’italiano, come si evince dalle prefazioni delle grammatiche dell’epoca (PALERMO/POGGIOGALLI 2010).
Dalla seconda metà del ’700 alla prima metà dell’800 rimane forte l’interesse verso l’italiano da parte del pubblico con motivazioni culturali e viva la moda di svolgere il viaggio di formazione in Italia. Un interesse intensificato dal Romanticismo che porta a un periodo fecondo nella produzione di grammatiche e materiali per l’insegnamento dell’italiano in vari Paesi europei3.
Agli inizi del ’900 la motivazione culturale rappresenta sempre la maggiore spinta allo studio dell’italiano da parte di stranieri, favorendo la nascita di istituzioni che offrono l’insegnamento della lingua in territori in grado di attirare viaggiatori per la ricchezza del proprio patrimonio artistico e culturale.
Il pubblico a cui si rivolge la Scuola di lingua e cultura italiana di Siena, che inaugura la propria attività formativa il 1 agosto 1917, è dunque rappresentato da stranieri colti, in viaggio in Italia, interessati al ricco retaggio storico e culturale toscano, i quali possono apprezzarlo meglio attraverso la padronanza della lingua. L’apertura del primo corso estivo di «Lingua e letteratura italiana per gli stranieri delle nazioni alleate» da parte dell’istituzione senese, rappresenta una data rilevante poiché segna l’inizio dell’attività di insegnamento dell’italiano L2 sul territorio nazionale dello stato unitario (VEDOVELLI 2002). Impegnato in questioni relative alla diffusione della lingua nazionale tra i propri cittadini, il giovane stato italiano non ha infatti ancora rivolto l’attenzione alla diffusione dell’italiano a stranieri in Italia4, pertanto l’iniziativa senese trova subito una buona accoglienza ricevendo il riconoscimento dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’offerta formativa della Scuola è ovviamente caratterizzata dal binomio lingua e cultura. Accanto a lezioni di grammatica, lettura, pronuncia e traduzione, svolte a partire da brani letterari, il programma dei corsi prevede Lecturae Dantis, lezioni di Storia della letteratura, Storia dell’arte e visite guidate a luoghi di interesse artistico e culturale (TRONCARELLI 2019).
Il 25 marzo 1926 (con R.D. n. 680) è istituita la Regia Università Italiana per Stranieri a Perugia, dove già si tenevano dal settembre 1921 corsi di «Cultura Superiore» rivolti a studenti stranieri. L’Umbria come la Toscana attraeva un turismo d’élite con interessi artistici e culturali (COVINO 2018), per cui viene affidato a questa nuova istituzione il compito di diffondere la «conoscenza dell’Italia in tutte le sue manifestazioni passate e presenti: la lingua, la storia, la letteratura, le arti, le istituzioni politiche, il pensiero scientifico, le antichità italiche ed etrusche» come è indicato all’art. 1 nel R.D. I corsi sono articolati in tre livelli di apprendimento e a partire dal 1927, il corso per principianti viene affidato a Romano Guarnieri, che risiedeva in Olanda fin dai primi anni del 1900 dove svolgeva attività di lettore e libero docente in vari atenei5. Guarnieri sviluppa un metodo proprio, che sperimenta dapprima con gli studenti olandesi e poi con quelli provenienti da varie parti del mondo dell’Università di Perugia. Si tratta di un metodo ascrivibile all’approccio naturale, assimilabile a quello diretto, che accorda priorità alle abilità audio-orali, fa uso di pratiche ostensive-descrittive, ricorre alla drammatizzazione e alla ripetizione corale per favorire la memorizzazione e l’impiego della lingua. La grammatica è insegnata in modo esplicito ma con procedimenti induttivi che impiegano pochi schemi essenziali per presentare le forme linguistiche6. L’insegnamento è realizzato utilizzando sempre la lingua italiana ed evitando il ricorso alla traduzione. Il primo livello di apprendimento, svolto secondo queste indicazioni metodologiche, permette allo studente di passare dopo sei settimane al secondo livello di corso in cui le lezioni di lingua sono affiancate a quelle di storia e letteratura.
La Scuola di lingua e cultura italiana per Stranieri di Siena continua invece a offrire, negli anni successivi alla sua istituzione, corsi per due livelli di apprendimento, ampliando il proprio pubblico a stranieri che provengono da vari paesi europei, adottando sempre un approccio formalistico ma alla ricerca di soluzioni metodologiche innovative. I corsi non si arrestano neanche durante il secondo conflitto mondiale e negli anni 1944 e 1945 hanno come destinatari, in mancanza di turisti stranieri, i militari degli eserciti alleati che, rispetto al pubblico consueto della Scuola, hanno anche esigenze di tipo strumentale. I programmi e i contenuti dei corsi vengono più volte revisionati per essere adeguati ai bisogni di apprendimento degli studenti anche nel secondo dopoguerra e nel 1954 vengono previsti tre livelli di apprendimento. I corsi vengono inoltre suddivisi nelle sezioni di francese, inglese e tedesco, a cui sono assegnati gli studenti a seconda della lingua madre o delle altre lingue straniere conosciute, in modo da poter praticare la traduzione (TRONCARELLI 2019).
A partire dagli anni ’50, accanto agli studenti appartenenti ai ceti agiati europei ed extraeuropei, avevano iniziato a manifestare interesse per l’apprendimento dell’italiano anche stranieri appartenenti ad altri gruppi sociali, spinti a viaggiare a seguito dello sviluppo delle reti ferroviarie, dell’industria aeronautica e della diffusione della motorizzazione privata. La maggiore mobilità internazionale promuove infatti l’apprendimento linguistico e il delinearsi di nuovi profili di apprendenti per i quali occorre cercare soluzioni didattiche che consentano di soddisfarne i bisogni di apprendimento. Con la crescita e la diversificazione del pubblico interessato all’italiano, l’insegnamento in entrambe le istituzioni perugina e senese intraprende un percorso di avvicinamento graduale a metodologie che mirano allo sviluppo di abilità orali, al conseguimento di competenze facilmente spendibili in contesti di comunicazione quotidiani che approderanno nella fine degli anni ’70 all’approccio comunicativo. Un approdo che vede in primo piano l’istituzione senese la quale nel 1981 organizza un convegno internazionale «La tecnologia applicata all’insegnamento della lingua e della cultura italiana agli stranieri» in cui sono affrontate tematiche relative all’analisi del pubblico interessato allo studio della lingua e della cultura italiana, alla definizione dei percorsi di apprendimento e alle strategie di insegnamento che possono avvalersi del supporto tecnologico (TRONCARELLI 2019). Il convegno, che ha una buona risonanza, può essere considerato l’evento di apertura della fase di rinnovamento metodologico a cui contribuiranno nell’arco di un decennio i docenti di Linguistica, Sociolinguistica e Didattica dell’italiano impegnati nei corsi di cultura. Importante è anche la presenza di Nora Galli De’ Paratesi che aveva partecipato al Modern Language Project ed elaborato il livello soglia per l’italiano (GALLI DE’ PARATESI 1981). La de’ Paratesi, chiamata a tenere cicli di conferenze nella prima metà degli anni ’80 e successivamente incaricata dell’insegnamento di Didattica dell’italiano, fornisce un forte impulso alla riflessione sulle pratiche didattiche e alla sperimentazione pedagogica che conducono a un rinnovamento metodologico nell’insegnamento dell’italiano presso la Scuola senese.
Mentre in Italia le due istituzioni ufficialmente deputate alla diffusione e all’insegnamento dell’italiano partecipavano alla ricerca di soluzioni metodologiche volte a soddisfare pubblici sempre più eterogenei di stranieri in movimento per ragioni turistico-culturali verso la Penisola, le fasce meno abbienti della popolazione italiana lasciavano il territorio nazionale per stabilirsi all’estero. Si tratta di un movimento in direzione inversa da quello degli stranieri ma con ripercussioni sulla lingua italiana e il suo insegnamento.
Il processo di emigrazione italiana all’estero ha radici lontane e si intensifica dopo l’unità d’Italia. TULLIODE MAURO (1963) riporta che tra il 1871 e il 1951 più di 20 milioni di italiani, sommando gli espatri definitivi e quelli temporanei, hanno lasciato il territorio nazionale. Altre fonti parlano di 28 milioni di italiani che sarebbero emigrati tra il 1861 e il 1973, anno in cui si incomincia a registrare un saldo migratorio positivo. Data l’ampiezza e l’articolazione del fenomeno che ha continuato ad evolversi anche dopo questa data, sebbene con flussi sempre meno consistenti, una serie di fattori, legati al momento dell’espatrio, alle condizioni e al luogo di emigrazione, alla funzionalità della lingua di origine nella comunicazione tra i membri della famiglia e nella comunità, all’interazione nel contesto socio-economico del Paese di accoglienza hanno contributo a caratterizzare la situazione linguistica delle comunità italiane all’estero e a dare vita a modalità diverse di mantenimento della lingua d’origine. In linea generale, possiamo affermare con VEDOVELLI (2011) che il repertorio linguistico, perlopiù dialettofono, con cui gli italiani delle grandi ondate di emigrazione del XX secolo sono arrivati nel Paese di destinazione, si è rivelato ben presto inadeguato per l’interazione con la nuova realtà sociale e lavorativa. Per la sua ristretta gamma di usi e la ridotta portata comunicativa nella comunità italofona, il dialetto diventa la varietà da utilizzare nella comunicazione familiare, mentre negli usi sociali e pubblici si sviluppa l’italiano di emigrazione (BERRUTO 2012), che trascendendo le differenze geografiche e dialettali consente l’interazione linguistica fra connazionali emigrati. Si rafforza così l’identità linguistica e culturale delle comunità italiane che, poco disponibili a sottoporsi passivamente a processi di assimilazione culturale, danno vita a varie iniziative per l’insegnamento dell’italiano. In Svizzera già prima del secondo conflitto mondiale la comunità immigrata introduce i corsi di lingua e cultura di origine (GIUDICI/BÜHLMANN 2014) e successivamente altre iniziative simili prendono piede in altre mete di emigrazione.
Lo stato italiano riconosce la necessità di intervenire per sostenere il mantenimento della lingua italiana all’estero varando il 3 marzo 1971 la legge 153. Si tratta di un intervento legislativo con un duplice obiettivo:
•sostenere l’integrazione dei connazionali nel Paese ospite, consentendo l’istituzione di corsi «preparatori aventi lo scopo di agevolare l’inserimento dei congiunti dei lavoratori italiani nelle scuole dei Paesi di immigrazione», quindi corsi di sostegno per fronteggiare le difficoltà incontrate durante il periodo di frequenza nella scuola locale;
•promuovere il mantenimento della lingua di origine in vista del rientro in patria e di un reinserimento nel sistema scolastico italiano.
I Corsi di lingua e cultura italiana hanno assunto diversi indirizzi e forme nelle differenti situazioni sociali in cui si sono trovate le comunità dei nostri connazionali all’estero (CASTELLANI 2011) e hanno subito una evoluzione con il modificarsi del pubblico di riferimento, richiedendo un continuo rinnovamento metodologico. Nella prima fase della loro attivazione, i corsi si sono configurati in molte realtà come attività sussidiarie ed extrascolastiche, rivolte a giovani emigrati che potevano così contare sul riconoscimento degli anni di studio svolti all’estero nella scuola dell’obbligo, una volta rientrati in Italia. In questa fase la formazione linguistica si è avvalsa di una metodologia di insegnamento vicina a quella adottata per la lingua materna, ma aperta a numerose sperimentazioni. Un considerevole spazio è stato dato alla componente culturale, intesa come studio della storia, geografia e letteratura italiana.
Con il passare del tempo e quindi con il passaggio generazionale, gli utenti dei corsi sono diventati oriundi di seconda, terza e quarta generazione per i quali l’italiano è diventata gradualmente una lingua straniera, essendo la lingua di origine ormai slittata fuori dallo spazio linguistico della comunità di riferimento (VEDOVELLI 2011) e sostituita, anche negli usi familiari, dalla lingua del Paese di accoglienza. Direttive europee, attività diplomatiche e accordi locali hanno permesso in molti Paesi di integrare o inserire i corsi di italiano nei curricoli scolastici. La formazione si rivolge oggi non solo a bambini e adolescenti di origine italiana, che desiderano mantenere la lingua della famiglia e recuperare le proprie radici culturali, ma anche ad alunni di altre nazionalità che si avvicinano all’italiano per aprirsi ad altre lingue e culture e per acquisire maggiori competenze da spendere in futuro anche in ambito lavorativo. Nel corso di questa trasformazione sono state ricercate metodologie didattiche più idonee e più assimilabili a quelle dell’italiano L2. I corsi hanno assunto una fisionomia più linguistica, in cui la cultura è intesa in senso antropologico e la spendibilità della formazione è stata trovata nelle certificazioni linguistiche, riconosciute nei Paesi in cui gli alunni stabilmente risiedono.
In molti casi l’italiano è sempre più entrato nel sistema scolastico locale, si sono ampliati i gradi di istruzione in cui può essere studiato, si è aperta la possibilità di averlo come materia per l’esame finale di diploma nell’educazione secondaria. La prospettiva plurilinguistica adottata dal Consiglio d’Europa ha contribuito a promuovere l’attivazione di percorsi formativi innovativi, rivolti alla popolazione scolastica indipendentemente dalla nazionalità. Ne sono un esempio l’insegnamento dell’italiano nelle Arbeitsgemeinschaften (AG) in Germania, o i corsi di apertura alle lingue e alle culture (d’Ouverture aux Langues et aux Cultures OLC) nella scuola belga (TRONCARELLI/LA GRASSA 2018). Le finalità di questi corsi sono quelle di aprire un dialogo interculturale, valorizzare la diversità culturale e sviluppare un senso di appartenenza comune a una società pluralista e democratica, che per essere raggiunte richiedono l’adozione di nuove soluzioni didattiche.
La prospettiva plurilinguistica ha spinto anche all’attivazione di sezioni e percorsi bilingue in cui l’italiano è lingua partner di quella locale, come in alcune Grundschulen e scuole secondarie in Germania, o all’avvio di curricula bilingue promossi direttamente da istituzioni elvetiche tra cui quelli della Kantonsschule di Romanshorn, dei Bieler Gymnasien di Bienna o della Scuola cantonale grigione, oppure alla definizione di percorsi nati da accordi con le autorità diplomatiche italiane, come quelli presso il polo scolastico di Casa d’Italia a Zurigo. Si tratta di contesti in cui l’italiano è lingua dello studio e sono adottate metodologie CLIL, ma anche sperimentate altre strategie di insegnamento come lo JÜL (jahresübergreifendes Lernen) alla Herman-Nohl-Grundschule di Berlino, dove i bambini sono riuniti nella sezione bilingue per competenze invece che per fasce di età, in modo che i gruppi possano mettere in atto processi di apprendimento collaborativo e che i bambini più grandi possano svolgere il ruolo di tutor nel gruppo di pari, ampliando l’ambito di sviluppo dei più piccoli (TRONCARELLI/LA GRASSA 2018).
In sintesi il movimento migratorio degli italiani verso l’estero ha dato vita a un contesto dinamico di insegnamento della lingua italiana fuori dai confini nazionali che si è costantemente evoluto e metodologicamente rinnovato per trovare pratiche didattiche adatte ai diversi profili di apprendenti che si sono via via avvicinati allo studio di questa lingua.
Negli anni ’80 del secolo scorso nuove prospettive metodologiche hanno preso forma nella didattica dell’italiano anche per l’incremento dei flussi migratori verso la Penisola, i quali hanno riguardato inizialmente un pubblico adulto, diventato numericamente rilevante nell’arco di breve tempo. Un nuovo profilo di apprendenti, molto eterogeneo per lingua madre, retroterra socioculturale, livello di istruzione e con motivazioni integrative si è dunque affacciato nel panorama dell’italiano L2 richiedendo soluzioni didattiche inedite.
Fino agli anni ’80 infatti l’educazione degli adulti in Italia è stata pensata per persone italofone o dialettofone in età lavorativa, che avevano interrotto per vari motivi la propria formazione scolastica, e alle quali era necessario fornire un’istruzione, nella maggior parte dei casi, finalizzata al conseguimento di un titolo di studio. Con l’incremento dell’immigrazione vengono inseriti in questo ambito anche lavoratori stranieri per i quali l’obiettivo prioritario non è imparare a leggere e scrivere, ma imparare a prendere parte in L2 a situazioni comunicative ascrivibili ai domini lavorativo e pubblico come ricercare un alloggio e un lavoro, fruire dei principali servizi nel territorio in cui si trovano, ampliare la rete delle relazioni sociali. Inoltre, per questi apprendenti sono preminenti lo sviluppo delle abilità orali e la spendibilità immediata delle competenze acquisite.
Dopo il primo periodo in cui la formazione degli immigrati è stata assimilata a quella degli adulti italiani, si è aperta una fase affidata anche agli ambienti del volontariato e dell’associazionismo, in cui docenti hanno insegnato in strutture poco adeguate con scarsa disponibilità di strumenti e poche risorse per l’apprendimento, producendo una grande quantità di materiale grigio. A seguito degli studi di linguistica acquisizionale, condotti dal gruppo pavese guidato da Anna Giacalone Ramat (CHINI 2005), e della ricerca glottodidattica promossa in questo periodo è stato possibile comprendere il processo di acquisizione, definirne le tappe, elaborare strumenti per l’analisi dei bisogni e costruire sillabi che hanno costituito la base per una formazione mirata dei docenti, i quali hanno poi contribuito alla produzione di proposte editoriali e alla condivisione di buone pratiche. Il MIUR, oltre a finanziare la formazione degli insegnanti, ha riorganizzato la formazione degli adulti, prima con l’istituzione dei CTP (Centri Territoriali Permanenti) nel 1997 e poi con quella dei CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti ) nel 2012, che offrono corsi per adulti immigrati volti allo sviluppo di competenze A1, A2 e B1, orientati all’ottenimento del permesso di soggiorno e della cittadinanza italiana (TRONCARELLI/LA GRASSA 2018).
A rendere ancora più complessa la didattica dell’italiano rivolta all’immigrazione in Italia sono intervenuti, a partire dalla seconda metà degli anni ’80, i ricongiungimenti familiari e la stabilizzazione della residenza da parte di molte famiglie immigrate. Un numero consistente di bambini e adolescenti stranieri ha fatto quindi il proprio ingresso nel sistema scolastico italiano, facendo emergere interrogativi sulle metodologie da impiegare per l’insegnamento ad alunni non italofoni e sulle strategie più idonee al loro inserimento.
La prima fase di questa esperienza si è centrata sull’adozione di misure di emergenza da parte di una scuola che non aveva strumenti per cogliere le esigenze di un pubblico diverso da quello a cui si era tradizionalmente rivolta. Sono stati così avviati corsi definiti di alfabetizzazione, sebbene non tutti gli alunni avessero bisogno di sviluppare abilità di letto-scrittura o di imparare l’alfabeto latino. Spesso affidati a insegnanti curricolari, docenti di sostegno o ad associazioni di volontari con ridotta esperienza e competenza specifica nell’insegnamento dell’italiano L2, questi corsi sono stati prevalentemente rivolti agli alunni neo-arrivati con lo scopo di far acquisire loro le competenze linguistiche minime per comprendere e farsi capire, al fine di partecipare all’attività di classe (TRONCARELLI/LA GRASSA 2018).
Leggi sull’emigrazione, varate nel 1998, sono intervenute a sancire il diritto di accesso del minore straniero all’istruzione e ai servizi educativi, indipendentemente dalla regolarità della sua posizione rispetto al soggiorno sul territorio nazionale e hanno disposto la valorizzazione delle differenze linguistiche e culturali da parte della comunità scolastica. L’adozione di una prospettiva interculturale ha dunque posto la scuola italiana di fronte a sfide metodologiche che hanno condotto all’adozione di pratiche didattiche più adatte a classi multietniche. Il percorso è stato lungo e tortuoso, ma coadiuvato da iniziative del MIUR come l’elaborazione di Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (2006 e 2014), l’istituzione di un Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura (2014) con lo scopo di promuovere politiche di integrazione scolastica in grado di tenere conto della costante trasformazione del contesto operativo. Inoltre sono stati elaborati piani per la formazione docenti e stanziati finanziamenti per sostenere i Laboratori di lingua italiana, i quali sono diventati il contenitore entro cui adottare metodologie didattiche relative all’insegnamento linguistico, sperimentate strategie di intervento e sostegno, selezionati, adattati ed elaborati materiali per apprendimento volti a rispondere ai differenti bisogni degli alunni stranieri, a seconda del loro profilo e della fase del loro itinerario verso una completa padronanza della lingua italiana. La scuola italiana è quindi uscita da questa esperienza di accoglienza di alunni stranieri cambiata e arricchita dal punto di vista didattico e pedagogico.