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Beschreibung

L’Analisi Linguistica e Letteraria è una rivista internazionale di linguistica e letteratura peer reviewed. Ha una prospettiva sia sincronica che diacronica e accoglie ricerche di natura teorica e applicata. Seguendo un orientamento spiccatamente interdisciplinare, si propone di approfondire la comprensione dei processi di analisi testuale in ambito letterario come anche in ambito linguistico. La rivista è organizzata in tre sezioni: la prima contiene saggi e articoli; la seconda presenta discussioni e analisi d’opera relative alle scienze linguistiche e letterarie; la terza sezione ospita recensioni e una rassegna di brevi schede bibliografiche riguardanti la linguistica generale e le linguistiche delle singole lingue (francese, inglese, russo, tedesco). La rivista pubblica regolarmente articoli in francese, inglese, italiano e tedesco, e occasionalmente anche in altre lingue: nel 2010, ad esempio, ha pubblicato un volume tematico interamente in russo.

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L’ANALISI LINGUISTICA E LETTERARIAFacoltà di Scienze Linguistiche e Letterature straniereUniversità Cattolica del Sacro CuoreAnno XXIII - 1/2015ISSN 1122-1917

ISBN 978-88-6780-883-0

Direzione

Luisa Camaiora

Giovanni Gobber

Lucia Mor

Marisa Verna

Comitato scientifico

Anna Bonola – Luisa Camaiora – Arturo Cattaneo

Enrica Galazzi – Maria Cristina Gatti – Maria Teresa Girardi

Giovanni Gobber – Dante Liano – Federica Missaglia

Lucia Mor – Margherita Ulrych – Marisa Verna

Serena Vitale – Maria Teresa Zanola

Segreteria di redazione

Sarah Bigi – Laura Bignotti

Elisa Bolchi – Giulia Grata

I contributi di questa pubblicazione sono stati sottopostialla valutazione di due Peer Reviewers in forma rigorosamente anonima

© 2015 EDUCatt - Ente per il Diritto allo Studio universitario dell’Università CattolicaLargo Gemelli 1, 20123 Milano | tel. 02.7234.2235 | fax 02.80.53.215e-mail : [email protected] (produzione ); [email protected] (distribuzione )web : www.educatt.it/libri

Redazione della Rivista : [email protected] | web : www.educatt.it/libri/all

Questo volume è stato stampato nel mese di luglio 2015 presso la Litografia Solari - Peschiera Borromeo (Milano)

Indice

Il discorso di commiato del “più prolifico studioso di argomentazione al mondo”

Adelino Cattani

Sulla ragionevolezza

Frans H. van Eemeren

A Dark Angel and His Masterpiece: Aldous Huxley and Brave New World

M.D. Aeschliman

Origine e significato delle parole che parlano di cibo

Vittoria Prencipe

Chinese GRUE : on the original meaning and evolution of qīng 青

Victoria Bogushevskaya

I composti verbali in russo

Chiara Naccarato

La poetica di titoli e copertine dei gialli di Dar’ja Doncova

Claudio Macagno

Il messaggio sociale nel teatro di Miguel Hernández

Giorgia Giardini

Recensioni e Rassegne

Recensioni

Rassegna di Linguistica generale e di glottodidattica

a cura di Giovanni Gobber

Rassegna di Linguistica francese

a cura di Enrica Galazzi e Chiara Molinari

Rassegna di Linguistica inglese

a cura di Margherita Ulrych e Amanda Murphy

Rassegna di Linguistica russa

a cura di Anna Bonola

Rassegna di Linguistica tedesca

a cura di Federica Missaglia

Indice degli Autori

Nota editoriale

L’attuale fascicolo ospita due contributi su invito che siamo lieti di segnalare per il loro interesse trasversale alle discipline linguistiche e letterarie: Frans Van Eemeren, Sulla ragionevolezza, nella traduzione di Serena Tomasi e Maurizio Manzin, introdotto da Adelino Cattani; Michael Aeschliman, A Dark Angel and his Masterpiece . Aldous Huxley and Brave New World.

La Direzione

Il discorso di commiato del “più prolifico studioso di argomentazione al mondo ”

Adelino Cattani

L ’ argomentazione rientra in tutte le iniziative , di ricerca e didattiche , in cui Frans van Eemeren è stato impegnato come docente nel dipartimento di Speech Communication dell’Università di Amsterdam, dove ha insegnato Argumentation and Rhetoric; come direttore del programma di ricerca Argumentation in Discourse e del master Rhetoric, Argumentation Theory and Philosophy; come fondatore e direttore della rivista Argumentation;come anima e animatore delle Conferenze dell’International Society for the Study of Argumentation - ISSA, eventi ‘olimpici’ sia per la cadenza quadriennale sia per il numero di partecipanti, divenute, dal 1986, un centro di attrazione per chi si occupa di argomentare.

L’argomentazione è naturalmente il cuore delle centinaia di opere di cui Frans van Eemeren è autore o coautore. Tra le molte, tradotte nelle lingue più disparate, ricordiamo soltanto: Speech Acts in Argumentative Discussion , 19841, in collaborazione con lo scomparso Rob Grootendorst; Argumentation, Communication and Fallacies, del 19922, dedicato alla discussione più o meno cooperativa e corretta tra persone ragionevoli e alle infrazioni, logiche e comportamentali, che vanno sotto il nome di fallacie; Fundamentals of Argumentation Theory, 19963, manuale ricognitivo dello stato dell’arte argomentativa verso la fine del secolo scorso. Del 2004 è A Systematic Theory of Argumentation4, tradotto anche in italiano. Del 2007 è il libro sugli Argumentative Indicators in Discourse5. L’ultimo, scritto con B. Garssen e B. Meuffels, è dedicato a Fallacies and Judgments of Reasonableness(2011)6.

La ragionevolezza è il campo proprio dell’argomentazione. È naturale quindi che il discorso di commiato di colui che è stato “il più prolifico studioso di argomentazione al mondo”, come lo ha definito David Zarefsky, sia dedicato tutto alla ragionevolezza. In questa silloge del suo pensiero van Eemeren tratta della ragionevolezza in rapporto con l’argomentazione, con le norme e la realtà, con le fallacie, intese come mosse irragionevoli, con l’efficacia delle manovre discorsive strategiche, cercando di individuare infine i criteri generali e contestuali per ottemperare alle regole, regolanti e costitutive, di questa ragionevolezza.

Fin dall’inizio dei trascorsi anni Ottanta, l’obiettivo di Frans van Eemeren, ispiratore e capofila di un gruppo di studiosi, diventato movimento e scuola, chiamata ‘Pragmadialettica’ proprio perché in questo suo progetto confluiscono competenze di natura insieme linguistico-pragmatica e filosofico-dialettica, fu anche di natura pratico-operativa. Tale progetto è volto a elaborare un codice di condotta per una discussione critica.

Strategic Maneuvering è una locuzione chiave e ricorrente dell’ultimo van Eeemeren . ‘Manovra’ e ‘strategico’ contrassegnano un rapporto problematico tra ‘avere ragione’ e ‘riuscire a persuadere qualcuno di avere ragione’. I due termini rimandano a un intricato e sempiterno problema, che comporta un’interrelazione e una tensione tra due ideali e due coppie polari: il merito e il successo.

Anche la ricerca di van Eemeren si impernia su una serie di canoniche ‘coppie filosofiche’: logica/retorica, convinzione/persuasione, ideale/reale e più in generale, appunto, merito/successo.

‘Mosse’, ‘contromosse’, ‘manovre’, ‘tattica’, ‘strategia’ sembrano termini disdicevoli in un ambito logico-argomentativo. Ma argomentare può essere inteso sia come un processo di ‘prova’ (mirante a provare la verità o la ragionevolezza di una tesi/provvedimento) sia come un tentativo di ‘persuasione’ (consistente nel tentativo di indurre l’interlocutore ad accettare una tesi o un provvedimento).

Sostiene van Eemeren che chi mira alla persuasione cerca di “mantenere in equilibrio tra di loro ragionevolezza ed efficacia”7. “Mind the Gap ”. Reconciling the Pursuit of Success with the Maintenance of Reasonableness8è il titolo di un suo saggio .

Anche chi mira a persuadere adducendo ragioni può essere considerato un buon argomentatore, uno che rispetta, e non infrange, il codice della buona discussione. ‘Buono’, al pari dell’‘essere’aristotelico che “si dice in molti modi”, può significare infatti cose diverse. Un dibattito infatti ha almeno tre dimensioni e la questione se un dibattito sia o meno buono ha almeno tre tipi di implicazioni. Per van Eemeren gli elementi strategici hanno a che fare con:

– la forza persuasiva del discorso, che rimanda alla dimensione epistemico-cognitiva;

– l’uditorio, le sue premesse e le sue aspettative, che rimandano alla dimensione retorico-dialettica, ben illustrata dall’aneddoto perelmaniano ricordato in esordio9 e che esige l’idonea scelta degli standpoint più adatti (termine che gli accorti traduttori hanno motivatamente scelto di lasciare in originale);

– la modalità di presentazione, lo stile, l’ordine espositivo.

Dal testo di van Eemeren emerge in particolare la consapevolezza della scindibilità di validità logica e di efficacia retorica; ne consegue la consegna per cui “ogni mossa argomentativa aspira ad essere nel contempo ragionevole ed efficace”10 e l’impegno ad evitare il rischio che la ricerca dell’efficacia oscuri la ragionevolezza o viceversa lo sforzo per la ragionevolezza oscuri l’efficacia11, nella ferma convinzione che dialettica e retorica si debbano costruttivamente integrare l’un l’altra, sulla scia del progetto rinascimentale di R. Agricola12.

Un secondo ambito in cui si riscontra una conclamata scindibilità di componenti sono le dieci regole della discussione critica elaborate da van Eemeren. Tali regole hanno indubbiamente una natura utopica e irenistica. Sono dette Decalogo forse proprio perché, come i comandamenti, sono facilmente violate. Ammette l’autore: “il modello indica ciò che avviene idealmente in uno scambio di opinioni, non ciò che di fatto accade”13: dibattito ideale e pratica del dibattito divergono.

Un punto importante è quindi la verifica dell’applicabilità operativa di questo codice di condotta, anche ai fini di una promozione della formazione al dibattito di cui c’è carenza ed esigenza. Le dieci regole sono un programma buono per persone buone, per il vir bonus dicendi peritus. Ma che cosa succede con il vir bene dicendi peritus? Ossia, che fare quando la bontà si applica non all’individuo, ma alla sua capacità di parlare e di persuadere?

Forse serve un decalogo diverso elaborato selezionando le regole insieme strategiche ed etiche che consentano di costruire una tavola nella quale si combinino diritti e doveri della discussione.

Il progetto volto ad elaborare un codice per una discussione critica, infatti, non può risolversi semplicemente in una tavola di meri doveri, ma deve contemplare anche i diritti di chi discute, nello spirito di uno scambio che combini conflitto e cooperazione, polemica e dialogo. Perché la discussione non rimanga una ‘guerra’e non si riduca ad un ‘compromesso’, per affrontare al meglio, ragionevolmente, una divergenza di opinioni, occorre conoscere le regole della discussione cooperativa e insieme le loro infrazioni e le mosse della discussione polemica.

L’operazione risulta fattibile, in quanto vi sono mosse dialettiche che sono al tempo stesso etiche.

Ad esempio, la prime due regole del Decalogo di van Eemeren, quella della libertà e quella dell’onere della prova, sono nel contempo regole tattiche ed etiche.

Regola della ‘libertà’: agli interlocutori non è consentito impedirsi reciprocamente di avanzare o di mettere in dubbio una tesi. La regola della libertà è un esempio di comportamento ‘liberale’e insieme ‘tattico-strategico’. ‘Lascialo dire’: fai bene e poi conviene anche a te. Far parlare vuol dire anche far scoprire l’interlocutore. Dare ampia facoltà di parola rende più facile riconoscere e neutralizzare l’eventuale inconsistenza dei molteplici argomenti che con tanta liberalità si concede di esporre. La moralità flessibile di chi fosse più sensibile alle esigenze tattiche che a quelle etiche valuterà positivamente il fatto che quanto più uno si esprime tanto più amplia il possibile bersaglio a disposizione dei colpi dell’interlocutore/avversario.

Regola dell’‘obbligo di difesa’: chi formula una tesi non può rifiutarsi di giustificarla se la controparte gli chiede di farlo. Anche questa regola è cosa buona in sé e conveniente per chi vi ottempera. ‘Mettiti al posto dell’interlocutore’. Cerca di‘comprenderlo’ nel duplice senso del termine: farlo tuo e capirlo.Immaginiamoci che cosa si direbbe e si farebbe se si fosse ‘nei suoi panni’. Per capirne le ragioni (cosa buona dal punto di vista etico), ma anche per capire i limiti della sua tesi (cosa buona dal punto di vista dialettico). Cerchiamo di verificare o falsificare le posizioni puntualmente, dal punto di vista dell’oppositore. Anche questo secondo diritto-dovere è una consegna che combina valore etico e valenza dialettica. E combina diálogos e pólemos per dare luogo ad una ‘buona’ discussione.

Quelle indicate sono due tipologie di comportamenti ‘liberali’e insieme ‘tattico-strategici’. Almeno qui etica del discorso e tattica dialettica coincidono. Libertà di parola e libertà di critica diventano comportamenti solidali. Al loro sviluppo la scuola, e le agenzie educative, possono contribuire introducendo il dibattito non solo come ‘metodo’, ma come ‘disciplina’, per favorire lo sviluppo di una ‘cultura del dibattere’.

Poiché lo scopo del dibattito è duplice, da un lato valorizzare la propria tesi e dall’altro individuare i punti deboli della tesi avversa, è importante l’identificazione e la neutralizzazione delle fallacie. Le fallacie sono un altro centro di costante interesse per van Eemeren, che considera l’inganno insito negli argomenti fallaci un vizio non tanto di natura logica, ma etica, avente cioè più a che fare con le regole della buona condotta che con le regole della verità logica.

Per questo è difficile qualificare una volta per tutte come intrinsecamente fallace un argomento d’un certo tipo o di una certa forma. “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra” e “Chi di voi se il figlio o un bue gli cade nel pozzo non lo tira fuori subito in giorno di sabato?” sono due esempi di replica che i logici puri relegherebbero, farisaicamente, nel novero delle fallacie tu quoque. Gesù Cristo, persona ritenuta logica e buona, se ne serve, se non validamente, almeno efficacemente, per zittire i farisei.

Sostiene van Eeemeren che “il ragionamento logico è importante, ma non esaustivo”14 e che “l’assenza di validità logica è solo una delle possibili cause di fallacia”15. Nella stragrande maggioranza delle nostre decisioni e anche dei nostri ragionamenti, la logica entra in gioco solo ‘a partire da’e ‘dopo’ un’opzione iniziale che ha un fondamento non logico. Lo sapeva già Aristotele e lo ribadiscono Michael Polanyi e Karl Popper, per i quali il fondamento è, nell’ordine, di natura dialettica, fiduciaria e fideistica. Il ‘voglio’ sovente precede il ‘perché’, la volontà di fare/non fare viene prima della motivazione/spiegazione. Ecco perché a volte le fallacie non sono argomenti (ad esempio, la fallacia del fantoccio, l’ad baculum), a volte sono argomenti, ma non invalidi (ad esempio, la petizione di principio)16.

In effetti, così come un floricoltore considererà diversamente da un agricoltore il bucaneve, l’acetosella e il pungitopo, la natura fallace di un’argomentazione dipende dal contesto17. E van Eemeren individua almeno quattro ‘macro contesti’ in ragione della loro rilevanza sociale: giuridico-processuale, politico-istituzionale, medico-sanitario, accademico-scientifico.

Per concludere, l’osservazione finale del discorso di commiato per cui “il progresso intellettuale e culturale può essere realizzato solo promuovendo gli scambi argomentativi di vedute”18, considerato che la maggior parte delle nostre discussioni sono di natura non cooperativa e non sono sempre conformi alle regole della discussione critica, va intesa realisticamente nel senso che comunque anche queste sono utili, utili almeno alla terza parte, vale a dire l’uditorio. A dispetto delle mosse e delle manovre strategiche, quindi, sempre siano lodate le regole della discussione critica e della ragionevolezza.

1F . H . van Eemeren – R . Grootendorst , Speech Acts in Argumentative Discussions . A Theoretical Model for the Analysis of Discussions Directed Towards Solving Conflicts of Opinion , Foris , Dordrecht 1984 .

2Id ., Argumentation , Communication , and Fallacies : A Pragma - dialectical Perspective , Lawrence Erlbaum Associates , Hillsdale NJ 1992 .

3F . H . van Eemeren et al . , Fundamentals of Argumentation Theory . A Handbook of Historical Backgrounds and Contemporary Developments , L . Erlbaum Associates , Mawah NJ 1996 .

4F . H . van Eemeren – R . Grootendorst , A Systematic Theory of Argumentation , Cambridge University Press , Cambridge 2004 .

5Argumentative Indicators in Discourse , F . H . van Eemeren et al . ed ., Springer , Dordrecht 2006 .

6F . H . van Eemeren – B . Garssen – B . Meuffels , Fallacies and Judgments of Reasonableness , Springer , Dordrecht 2011 .

7 F.H. van Eemeren, Sulla ragionevolezza ,infra, p. 9. D ’ ora in poi : SR .

8Id ., “Mind the Gap ”. Reconciling the Pursuit of Success with the Maintenance of Reasonableness , in Proceedings of the 2nd Tokyo Conference on Argumentation . Argumentation and Social Cognition , Takeshi Suzuki – Yoshiro Yano – Takayuki Kato ed ., Japan Debate Association , Tokyo 2004 , pp . 1-8 .

9SR , p . 13 .

10Ibid. , p . 22 .

11Ibid. , p . 24 .

12Ibid., p. 23.

13Ibid., p. 17.

14Ibid., p. 32.

15Ibid., p. 20.

16Ibidem.

17Ibid., p. 28.

18Ibid., p. 32.

Sulla ragionevolezza1

Frans H . van Eemeren

1 . Argomentazione e ragionevolezza

Oggi è venerdì tredici. Una data che parrebbe doppiamente sfortunata per tenere la mia ultima lezione accademica. Il giorno di venerdì tredici mi riporta sempre alla mente un programma televisivo del 1999, in cui il reporter francese Philippe Vandel girava per le vie con telecamera e microfono a intervistare i passanti, ponendo loro questa domanda: “Gli esperti hanno calcolato che la notte di San Silvestro di fine millennio cadrà un venerdì tredici. Questa cosa la spaventa?”2. Pur essendo la data del tutto inverosimile, il riferimento a una simile perniciosa coincidenza finì per produrre nel pubblico più superstizioso una reazione emotiva talmente vivace, che il fallace ricorso all’autorità passò inosservato. A quanto pare, c’è molta superstizione in Francia. Tuttavia, visto che tutti voi siete qui, proprio un venerdì tredici, posso forse desumere, ancorché ‘fallacemente’, che la superstizione, fuori dai confini della Francia, è meno fortemente sentita3.

Nel loro Trattato dell’ argomentazione . La nuova retorica, i ‘nuovi retori’ belgi Ch. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca raccontano di una domestica che si rifiutò di apparecchiare la tavola per una compagnia di undici persone, perché il numero undici porta male. Il suo padrone riuscì però a convincerla del contrario, utilizzando il contro-argomento per cui non undici, ma tredici è un numero sfortunato – il che, secondo i criteri convenzionali della superstizione, è piuttosto corretto: “No, Marie, lei si sbaglia: è il tredici che porta male”4. Così la cena ebbe luogo senza intoppi. Questo esempio mostra che l’argomentazione del padrone di casa fu efficace. Ma possiamo dire che la divergenza di opinioni tra il padrone e la sua domestica sia stata risolta in modo ragionevole? Ciò dipende innanzitutto dalla concezione di ‘ragionevole’ che intendiamo assumere5.

L’idea che la ragionevolezza si riduca all’efficacia troverebbe difficilmente un aperto consenso da parte dei teorici dell’argomentazione – e degli studiosi di retorica. Cionondimeno, molte prospettive sulla retorica si avvicinano a quest’idea. Benché questi studiosi non sostengano che l’argomentazione efficace possa essere automaticamente considerata ragionevole, essi ritengono tuttavia che la ragionevolezza dipenda in primo luogo da quello che i più pensano sia ragionevole. In questa prospettiva, ragionevole è ciò che viene ritenuto tale in un determinato contesto culturale e storico di riferimento. Diciamo, allora, che è ragionevole quello che i produttori di cultura accettano come tale. Questa concezione intersoggettiva di ragionevolezza, che in linea di principio ha una base empirica, è anche nota come concezione antropologica della ragionevolezza6. Gran parte degli studiosi di retorica vi aderisce, sia pure in forme differenziate. I dogmatici, assolutizzando la relatività della ragionevolezza, reputano totalmente inaccettabile l’assunzione di qualsiasi norma generale di ragionevolezza.

All’estremo opposto delle concezioni sulla ragionevolezza, prevale il dogmatismo di coloro che assolutizzano la sua oggettività. Così appare nella concezione geometrica della ragionevolezza, per la quale l’argomentazione può essere giudicata ragionevole solo se, a partire da verità evidenti, siano derivate analiticamente nuove verità. Di fatto, la maggior parte dei teorici dell’argomentazione convengono – ed io sono d’accordo con loro – che né una concezione della ragionevolezza puramente antropologica, né una puramente geometrica siano sufficienti. Secondo il mio punto di vista, l’argomentazione può difficilmente essere considerata ragionevole qualora gli strumenti argomentativi utilizzati non contribuiscano costruttivamente alla risoluzione del conflitto di opinioni per cui l’argomentazione è proposta. O qualora le parti coinvolte non riconoscano il ruolo costruttivo di tali strumenti. Ciò comporta, a mio parere, che la ragionevolezza possiede sia una dimensione ‘esterna’, analitica, che si riferisce alla capacità potenziale di risoluzione dei problemi propria degli strumenti argomentativi, sia una dimensione ‘interna’, empirica, che riguarda l’accettabilità intersoggettiva per le parti coinvolte.

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